Il fuoco del Divino Amore

Nel Capitolo XV dei Fioretti (FF 1844) dal titolo Come santa Chiara mangiò con santo Francesco e co’ suoi compagni frati in Santa Maria degli Agnoli, è raccontato un evento molto particolare della vita dei due santi d’Assisi. Il brano non vuole descrivere tanto la circostanza mangereccia quanto l’avvenimento straordinario che accadde, indipendentemente dal cibo che, di fatto, non fu consumato. Ecco il brano:

Santo Francesco, quando stava a Sciesi, ispesse volte visitava santa Chiara dandole santi ammaestramenti. Ed avendo ella grandissimi desiderii di mangiare una volta con lui, e di ciò pregandolo molte volte, egli non le volle mai fare questa consolazione. Onde vedendo li suoi compagni il disiderio di santa Chiara, dissono a santo Francesco: «Padre, a noi non pare che questa rigidità sia secondo la carità divina, che suora Chiara, vergine così santa, a Dio diletta, tu non esaudisca in così piccola cosa, come è mangiare teco, e spezialmente considerando ch’ella per le tue predicazioni abbandonò le ricchezze e le pompe del mondo. E di vero, s’ella ti domandasse maggiore grazia che questa non è, sì la doveresti fare alla tua pianta spirituale». Allora santo Francesco rispuose: «Pare a voi ch’io la debba esaudire?». Rispondono li compagni: «Padre, sì, degna cosa è che tu le faccia questa grazia e consolazione». Disse allora santo Francesco: «Da poi che pare a voi, pare anche a me. Ma acciò ch’ella sia più consolata, io voglio che questo mangiare si faccia in Santa Maria degli Agnoli, imperò ch’ella è stata lungo tempo rinchiusa in santo Damiano, sicché le gioverà di vedere il luogo di Santa Maria, dov’ella fu tonduta e fatta isposa di Gesù Cristo; ed ivi mangeremo insieme al nome di Dio».

San Francesco quando si trovava ad Assisi (“Sciesi”) faceva visita al monastero di San Damiano, difronte alla richiesta di Chiara però appare restio. Nel Capitolo XI – Che i frati non entrino nei monasteri delle monache – della Regola bollata (FF 105) troviamo un forte richiamo a non avere contatti “sospetti” con donne: «Comando fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con donne»; e già nella Regola non bollata al Capitolo XII: «Tutti i frati, dovunque sono o dovunque vanno, evitino gli sguardi cattivi e la frequentazione delle donne. E nessuno si trattenga in colloqui né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in un unico piatto con loro.» (FF 38)

Tale atteggiamento, messo per iscritto nella Regola come obbedienza, è praticato da Francesco per salvaguardare il voto della castità per il Regno di Dio, e anche per evitare gli scandali e le occasioni di maldicenza tra i frati o riguardo ai frati (cf. FF 106).

Da rilevare anche l’intervento dei confratelli di Francesco che gli fanno notare la rigidità in quella circostanza nel rapporto con santa Chiara. Francesco accetta di buon grado il consiglio dei frati, a dimostrazione di quanta importanza dava il santo d’Assisi alle relazioni fraterne, con la sicura convinzione che la volontà di Dio passa anche attraverso di esse. Il richiamo fatto a san Francesco riguarda la carità (“a noi non pare che questa rigidità sia secondo la carità divina”) e evidenzia anche la santità di Chiara (“vergine così santa, a Dio diletta”) così che, accondiscendendo al desiderio della santa, non ci sarebbe stato alcun pericolo riguardo la custodia del voto di castità né spazio per eventuali dicerie o maldicenze.

Francesco, convinto dalle argomentazioni dei frati, non lesina sulla generosità e dà queste disposizioni: “acciò ch’ella sia più consolata, io voglio che questo mangiare si faccia in Santa Maria degli Agnoli, imperò ch’ella è stata lungo tempo rinchiusa in santo Damiano, sicché le gioverà di vedere il luogo di Santa Maria, dov’ella fu tonduta e fatta isposa di Gesù Cristo.” Francesco intuisce che a Chiara rivedere il posto dove ha vissuto momenti belli e importanti della sua consacrazione, il luogo dove le furono tagliati i capelli (“tonduta”) e fatta sposa del Signore, avrebbe accresciuto la consolazione e gioia. Qui il santo assisiate mostra tutta la sua delicatezza e attenzione per un’anima a lui molto cara, e quella che poteva sembrare rigidità si trasforma immediatamente in grande cura e affetto.

Così venne deciso di predisporre tale incontro:

Venendo adunque il dì ordinato a ciò, santa Chiara esce del monistero con una compagna, accompagnata di compagni di santo Francesco, e venne a Santa Maria degli Agnoli. E salutata divotamente la Vergine Maria dinanzi al suo altare, dov’ella era stata tonduta e velata, sì la menorono vedendo il luogo, infìno a tanto che fu ora da desinare. E in questo mezzo santo Francesco fece apparecchiare la mensa in sulla piana terra, siccome era usato di fare. E fatta l’ora di desinare, si pongono a sedere insieme santo Francesco e santa Chiara, e uno delli compagni di santo Francesco e la compagna di santa Chiara, e poi tutti gli altri compagni s’acconciarono alla mensa umilemente. E per la prima vivanda santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì maravigliosamente, che discendendo sopra di loro l’abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.

Santa Chiara, insieme a un’altra monaca e scortate dai frati, si avvia verso Santa Maria degli Angeli. Giunta là, per prima cosa saluta la padrona di casa, “la Vergine Maria dinanzi al suo altare, dov’ella era stata tonduta e velata”. Possiamo immaginare quanta emozione e gioia doveva provare nel suo cuore la santa nel fare memoria di quegli eventi, in qualche modo riviverli nel proprio intimo. Questo ricordare e, sicuramente, raccontare alla sua compagna, trattenendosi in lieta conversazione, dura fino all’ora di pranzo. I frati apparecchiano “la mensa in sulla piana terra, siccome era usato di fare”, e appena iniziato succede qualcosa di straordinario: san Francesco è così ispirato da quel convivio di anime sante che comincia a parlare di Dio “sì soavemente, sì altamente, sì meravigliosamente” che i presenti si sentirono inondati dalla grazia divina, arrivando a sperimentare un’estasi collettiva. In questi fatti si realizzano in pienezza le parole del Signore Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» Mt 18,20.

E il divino, quando irrompe l’umano, sovrabbonda sempre nei suoi doni:

E stando così ratti con gli occhi e con le mani levate in cielo, gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva, ch’era allora allato al luogo, ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ’l luogo e la selva insieme. Per la qual cosa gli ascesani con gran fretta corsono laggiù per ispegnere il fuoco, credendo veramente ch’ogni cosa ardesse. Ma giugnendo al luogo e non trovando ardere nulla, entrarono dentro e trovarono santo Francesco con santa Chiara con tutta la loro compagnia ratti in Dio per contemplazione e sedere intorno a quella mensa umile. Di che essi certamente compresono che quello era stato fuoco divino e non materiale, il quale Iddio avea fatto apparire miracolosamente, a dimostrare e significare il fuoco del divino amore, del quale ardeano le anime di questi santi frati e sante monache; onde si partirono con grande consolazione nel cuore loro e con santa edificazione.

I doni di Dio non sono mai solo per noi stessi, ed ecco l’evento straordinario: gli abitanti dei luoghi intorno a Santa Maria degli Angeli vedono un fuoco da lì sprigionarsi e ardere tutto il bosco intorno, allora, senza perdere tempo, da persone concrete quali erano, abituate alla fatica e al lavoro manuale, corsero verso le fiamme con l’intento di spegnere quel fuoco che divampava, prima che, propagandosi, facesse ulteriori danni. Ma quale sorpresa ebbero appena giunti sul posto: le fiamme, come Mosè dinanzi al roveto ardente, non stavano bruciando nulla, ed entrati nella piccola chiesetta trovarono i frati e le monache a mensa e ancora in estasi. Riconosciuto l’avvenimento straordinario, provocato dal “fuoco del divino amore, del quale ardeano le anime di questi santi frati e sante monache”, non poterono che rendere gloria a Dio e tornarsene alle proprie abitazioni “con grande consolazione nel cuore loro e con santa edificazione”.

Questo è l’evento meraviglioso che non solo Francesco e Chiara con i loro compagni poterono sperimentare, ma fu di grande edificazione nella fede anche per tutti coloro che vi assistettero. Tale avvenimento si può proprio definire come una sorta di ‘Pentecoste francescana’.

I commensali sembra che non si accorsero affatto di tutto il trambusto accaduto lì attorno, e una volta passata l’estasi contemplativa, appagati di ciò che lo Spirito del Signore gli aveva dato la grazia di vivere in quella giornata, non consumarono affatto il pasto:

Poi, dopo grande spazio, tornando in sé santo Francesco e santa Chiara insieme con li altri, e sentendosi bene confortati del cibo spirituale, poco si curarono del cibo corporale. E così compiuto quel benedetto desinare, santa Chiara bene accompagnata si ritornò a Santo Damiano.

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