Due doni da chiedere a Dio, sorgente di vita

Teresa racconta in modo anonimo la sua esperienza spirituale, ma le sue parole sono un invito per trasformarla in richiesta per il cammino della nostra vita spirituale:

Decía aquella persona que había sacado dos cosas de la merced que Dios le hizo: la una, un temor grandísimo de ofenderle, y así siempre le andaba suplicando no la dejase caer, vienda tan terribles daños; la segunda, un espejo parea la humildad, mirando cómo cosa buena que hagamos no viene su principio de nosotros, sino de esta fuente adonde está plantado este árbol de nuestras almas, y de este sol que da calor a nuestras obras. Dice que se le representó esto tan claro, que en hacíendo alguna cosa buena o viéndola hacer, acudía a su principio y entendía cómo sin esta ayuda no podíamos nada; y de aquí le procedía ir luego a alabar a Dios y, lo más ordinario, no se acordar de sí en cosa buena que hiciese. (Teresa di Gesù, Il castello interiore, prima stanza, capitolo secondo).

La medesima persona diceva di avere acquisito due doni dalla grazia concessale da Dio. Il primo, un timore grandissimo di offenderlo; così supplicava sempre Dio di non lasciarla cadere in peccato. Il secondo dono era quasi uno specchio per l’umiltà. Ogni cosa buona che facciamo, infatti, non nasce da noi, ma dalla fonte dove l’albero della nostra anima è piantato e dal sole che riscalda le nostra azioni. Questo risultò così chiaro a quella persona che, facendo o vedendo fare da altri qualche opera buona, ne risaliva alla fonte e riconosceva come senza l’aiuto di Dio non possiamo fare nulla. Gli veniva quindi spontaneo lodare Dio e nel compiere azioni meritorie era dimentica di sé.

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