La parola “Eremo” sta ad indicare un luogo appartato dove una o più persone si ritirano per fare vita religiosa, dedicarsi alla contemplazione, all’ascesi, alla vita spirituale. Essa ha origine dal greco Éremos e significa “solitario, deserto”. Il deserto è caratterizzato da due aspetti peculiari: il silenzio, collegato strettamente alla solitudine, e l’aridità, dell’ambiente esterno e anche della propria interiorità.
Blaise Pascal nel XVII sec. diceva che l’uomo del mondo contemporaneo ha paura del silenzio, perché questo lo pone dinanzi a se stesso, lo costringe a guardarsi dentro, a fare i conti con i propri limiti, contraddizioni, timori. Per tale motivo si rifugia in quello che il filosofo francese chiamava il divertissement, cioè lo stordimento del mondo, pseudo-divertimento, pseudo-piacere, sballo, dove regna il rumore, per provocare quell’assordamento interiore per non stare con se stessi, per non ascoltare la propria coscienza, quella voce intima che risuona in ciò che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio” GS 16. Ma al contrario, mettersi in ascolto e “obbedire [ad essa] è la dignità stessa dell’uomo” Ib.
La più grande e famosa professione di fede dell’Antico Testamento comincia proprio con la parola “Ascolta” (Shema Israel Dt 6,4). Anche Gesù praticava e invitava i suoi all’intimità con Dio Padre: “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” Mt 6,6.
I nostri momenti di aridità, le nostre piccole o grandi crisi, derivano quasi sempre dallo staccare il contatto con quella fonte d’amore che è Dio, il solo che può appagare i desideri più profondi del nostro cuore. Egli vuole e deve trovare la sua abitazione in noi, così da potere scaturire come sorgente primaria proprio all’interno del nostro nucleo più segreto, nel nostro sacrario. E lì, nel nostro silenzio, che non è assenza ma manifestazione di una presenza, più intensa di qualsiasi altra presenza, finalmente poter essere soli con Lui solo, cuore a cuore con l’Amore stesso, l’Amore che ci ha creati.
Solo in questo modo le nostre vite vedranno pienezza, appagamento e gusto, in quanto la legge d’Amore scritta nei nostri cuori raggiungerà il suo compimento, nell’amore di Dio e del prossimo (Cf. GS 16).
Se ci mettiamo concretamente in ascolto della Sua Voce che vibra nel nostro intimo, le nostre esistenze saranno trasformate e diverranno Memoriale vivo e vero di quella Parola che ci inabita.
Pertanto non dobbiamo avere paura dei silenzi, dei deserti e degli eremitaggi che la vita ci pone dinanzi, perché sono luoghi privilegiati: dove dare spazio a Dio, dove lasciarlo parlare e lasciarci toccare da Lui, dove poterlo incontrare.