La solidarietà cura per la pandemia

Papa Francesco nell’Udienza Generale del 9 settembre scorso ha affermato con forza che la cura per uscire dalla crisi derivata dalla pandemia del Covid-19 consiste nella ricerca di un vero bene comune tramite un amore inclusivo e la solidarietà tra gli uomini. La solidarietà è il sostegno reciproco, al modo in cui ogni parte di un solido è retta e tenuta salda da tutte le altre, tanto forte da essere un corpo unico.

Il vocabolario ne dà questa definizione: Rapporto di fratellanza che unisce tra loro i membri di una società, di una collettività, legati da comuni interessi, o dell’intera umanità, che si manifesta con atti di reciproco aiuto e assistenza materiale e morale. La solidarietà è un “rapporto di fratellanza”, crea un legame così potente da renderci come fratelli carnali.

La crisi attuale non è solo nel settore economico ma riguarda più in generale tutte le relazioni umane e, di conseguenza, tutti gli ambiti sociali. Non sarà l’egoismo a permetterci di uscire da questa situazione ma l’interessarci gli uni degli altri, prendendoci cura dei più deboli e indifesi. La solidarietà permetterà di ricostruire il tessuto sociale che la pandemia ha mostrato essere molto fragile e sfilacciato. Per realizzare ciò non abbiamo bisogno di chiusure ma di solidarietà con il fratello della porta accanto, coscienti di essere figli di uno stesso Padre, accomunati da uno stesso destino, nella convinzione che dal suo bene dipenda anche il mio bene. Solo per questa via sarà possibile creare società nuove, rigenerate dall’amore vicendevole, fondate sulla ricerca sincera del bene comune.

Ma perché tutto questo possa realizzarsi, dobbiamo prima dare delle risposte personali a domande basilari per intessere autentici rapporti fraterni: Che posto ha nel mio cuore l’altro? Che sentimenti ho nei suoi confronti? Con che spirito mi rapporto con lui? Dalle risposte che diamo a questi interrogativi dipendono il nostro destino e quello della società.

Tutto questo discorso è riconducibile al quesito che Dio pose a Caino nel libro della Genesi: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Di fronte all’indifferenza del primo verso il destino del secondo, il Padre Celeste tuona con queste parole, per scuotere la coscienza dell’omicida: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gn 4,10). Sperando che gli errori del passato servano a renderci persone migliori, auguro a ogni uomo, a ogni figlio di Dio, di riuscire a dare come san Paolo la risposta evangelica: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri» (Rm 12,15-16).

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