Nella notte tra il 5 e il 6 settembre in un paese tra i Castelli Romani e la Ciociaria, non lontano dalla capitale, un paese come ce ne sono tanti in Italia, è stato picchiato a morte da quattro ragazzi poco più grandi di lui, Willy Monteiro Duarte, 21 anni, nato e cresciuto nella nostra bella, amata, invidiata penisola, anche se la famiglia è di origine capoverdiana. Quattro ragazzi dei nostri hanno compiuto quest’atto terribile, con ferocia e determinazione. Quattro ragazzi per bene, dice qualcuno, ragazzi normali, come ce ne sono tanti nella nostra cara e adorata nazione. O forse non è così. Forse non sono poi così tanti i ragazzi disposti a compiere simili gesti. Ma ciò che mi turba maggiormente è pensare a com’è stato possibile che quattro ragazzi poco più che ventenni siano stati capaci di compiere un atto simile.

In un articolo sul quotidiano Avvenire di martedì 8 settembre, il vescovo della diocesi di Velletri-Segni mons. Vincenzo Apicella, nel cui territorio è accaduto il fatto, alla domanda se fosse la mancanza di lavoro la causa principale del disagio che interessa soprattutto i giovani di quelle zone, risponde che ci sono anche altri elementi che caratterizzano la società e il mondo giovanile, indicandone alcuni: la mancanza di prospettive, la proposta di falsi miti da imitare, e soprattutto la mancanza di valori, di obiettivi e d’ideali da raggiungere. Per cercare di uscire da tale situazione, continua il vescovo, serve corresponsabilità in uno sforzo educativo tra Chiesa, scuola, famiglia e società civile; compito talmente urgente cui nessuno può sottrarsi.

È proprio a questo vuoto esistenziale che si deve far fronte. Spazio che in parte è già stato riempito dai falsi miti cui fa riferimento monsignor Apicella: dell’uomo forte che s’impone ricorrendo anche alla violenza fisica, della Velina quale perfetto modello di ragazza (ma che si trasforma in ragazza oggetto, fonte di desiderio e di bramosia di possesso), dei soldi facili, del divertimento come eccesso senza inibizioni, delle giornate in diretta del Grande Fratello o dell’Isola dei Famosi.

Ad alimentare questa situazione hanno un ruolo determinante i mass media, tra i quali ancora spicca la televisione: tramite di essa tali messaggi ha accesso ad ogni abitazione della nostra amata nazione. Non ci scordiamo che fino a poco tempo fa nel primo pomeriggio in diverse reti nazionali, ma ancora su qualche canale continuano, si trasmettevano programmi d’opinione dove gli ospiti erano chiamati apposta per litigare: il messaggio che passa da questo tipo di intrattenimento è che l’alterco, la discussione, la diatriba vada bene, sia la cosa da fare in ogni occasione per risolvere le grandi come le piccole questioni. Tutto questo non fa soltanto audience: entrando in tutte le case e famiglie, fa cultura!

Frutti eclatanti di questa audience-cultura, a mio avviso, si possono riscontrare nei numerosi episodi di genitori che inveiscono contro, o addirittura arrivano a malmenare, un insegnante che si è permesso di riprende in classe il loro figlio. Dove sono finiti i programmi di Mike Bongiorno che tenevano inchiodati al televisore milioni d’italiani e diffondevano davvero cultura?! Adesso Willy non c’è più e mi domando quanti altri Willy ancora ci dovranno essere per capire che i nostri ragazzi, e la società tutta, hanno bisogno di cultura vera e non di mera audience spazzatura?!

Per colmare il vuoto esistenziale che affligge la nostra società, caratterizzata dalle così dette relazioni liquide, che hanno solo la capacità di produrre una grande solitudine e il conseguente vuoto che c’è, dobbiamo riscoprire ciò che siamo sempre stati e che costituisce il nostro punto di forza: una nazione di santi, poeti e navigatori, artisti e inventori, di grande ingegnosità e genialità; una nazione di lavoratori onesti che si guadagnano il pane quotidiano con la fatica delle proprie mani e il sudore della fronte; di emigranti e immigrati, in ogni tempo. Prima di insegnare ai nostri figli a occuparsi del proprio fisico, dell’aspetto esteriore, educhiamoli a curare lo spirito e l’intelletto, le uniche cose necessarie per la ricerca di un vero bene comune e sperare in una società più giusta fatta di relazioni autentiche e sincere, per essere veramente umani. Compito cui Chiesa, scuola, famiglia e società civile insieme devono lavorare, impegno urgente cui nessuno può sottrarsi.

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