È di estrema attualità il tema ecologico. Papa Francesco nel 2015 ha dedicato un’enciclica alla cura della ‘casa comune’, la Laudato si’. Fin dai primi numeri del documento, il Papa traccia le linee di sviluppo della sua trattazione, rilevando il problema di fondo che dà origine alla questione:

«il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana». Papa Benedetto ci ha proposto di riconoscere che l’ambiente naturale è pieno di ferite prodotte dal nostro comportamento irresponsabile. Anche l’ambiente sociale ha le sue ferite. Ma tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti.

Con paterna preoccupazione ci ha invitato a riconoscere che la creazione risulta compromessa «dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi». (N.6)

Il Papa, citando il suo predecessore, mette in evidenza che degrado sociale e naturale sono interconnessi, legati insieme da un’idea di libertà assoluta che porta gli uomini a non avere più alcun rispetto, sia verso i propri simili che verso l’ambiente. Colui che non rispetta l’ambiente, la casa comune dove vivere con i fratelli, toglie qualcosa agli altri, li depreda, disinteressandosi del danno che procura loro. Così pure, chi non rispetta i suoi simili, difficilmente s’interesserà di quel bene comune, che è l’ambiente naturale. Questo è l’atteggiamento del prepotente, dell’arrogante, dell’egoista, che dimostra al tempo stesso anche poca intelligenza: distruggendo l’ecosistema naturale, provoca un danno al fratello e un male equivalente a se stesso, poiché quel bene distrutto verrà a mancare per tutti. La salvaguardia del creato e l’agire in favore del bene del fratello hanno ripercussioni positive direttamente proporzionali su chi le compie.

Papa Francesco, nel documento, menziona il santo patrono d’Italia, da cui ha attinto il nome per il pontificato, usando nei suoi riguardi queste parole:

Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore. (N.10) […] per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. (N.11)

In san Francesco l’amore verso il Creatore non poteva essere disgiunto dall’amore verso le sue creature, specialmente le più deboli e indifese: percepiva ognuna profondamente unita a lui con vincoli di affetto, al pari di un familiare. Non si può essere indifferenti nei confronti di un congiunto, di un parente stretto. È l’amore che rende Francesco d’Assisi il santo della gioia, e così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature (N.11). Con questi sentimenti, nonostante attraversasse un momento di profonda sofferenza personale, Francesco compose il Cantico di Frate Sole, conosciuto anche come Cantico delle Creature.

L’amore fa la differenza in ogni relazione personale, sia verso Dio, un fratello o una sorella, un sasso o il fiore del campo. Francesco era felice perché era un uomo innamorato: prima di tutto di Dio e, di conseguenza, di tutta la sua creazione. Questo è il grande insegnamento di vita del santo d’Assisi. L’urgenza ecologica, quindi, è innanzitutto una emergenza d’amore, senza il quale non ci può essere nemmeno il rispetto: per Dio, per gli altri uomini, per il creato.

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