I cappuccini e il fervore missionario delle origini

Come appassionati ed entusiasti discepoli di san Francesco, fin dalle origini, noi cappuccini abbiamo avuto nel cuore il desiderio di portare Gesù a tutte le genti. Assumendo come regola di vita il Vangelo, non possiamo non essere colpiti dalle ultime parole di Gesù: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura (Mc 16,15). Per il primo testo legislativo, le Ordinazioni di Albacina del 1529, la prima predica del frate nel suo andare «di luoco in luoco […] sia la sua buona vita e il suo buon esempio» nella fedeltà piena al santo Vangelo. E poi ripropongono, in forma più specifica e ampliata, quello che Francesco aveva detto nella Regola bollata, in forma lapidaria sulla missione tra i saraceni e gli altri infedeli (cf Ordinazioni di Albacina, n. 413; Francesco d’Assisi, Regola bollata, cap. XII). Secondo le Ordinazioni, sull’esempio di Francesco, noi frati dobbiamo avere a cuore la conversione «de li infideli», unicamente mossi dallo Spirito Santo e dallo zelo per diffondere la fede cattolica. Questa missione è definita «difficile e pericoloso negozio» ed esige pertanto obbedienza, timore ed umiltà, senza trascurare una preparazione specifica. È interessante notare quella distinzione, intelligente e saggia, che fa intravedere una illuminata strategia dell’annuncio evangelico a seconda di coloro ai quali è rivolto: da una parte abbiamo gli «infideli assai mansueti ductibili e disposti a ricevere facilmente la cristiana fede, come sono quelli novamente ritrovati da spagnoli e portugalesi ne le Indie»; dall’altra «li turchi e agareni [termine usato per indicare i saraceni o islamici: i musulmani sono visti come discendenti di Agar, la madre di Ismaele (cf Gn 25,12)] quali solamente con arme e inflizzione de’ tormenti sostenneno e defendeno la lor maledetta secta». In questo caso la missione assume la libera disposizione all’accettazione del martirio. Infine, elemento da non sottovalutare, l’invio in missione non deve essere trascurato nemmeno a causa della «paucità de’ frati». Infatti, quello che caratterizza e giustifica la missione è la carità di Cristo: da questa devono essere mossi i frati che vogliono andare in missione e i superiori nel concederglielo, perché la carità «niuna cosa fa male».

fra’ Renato

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