La scoperta della preghiera

Spesso sono gli eventi, e le scelte che si fanno in conseguenza a essi, a caratterizzare la vita delle persone. Così è stato per Marcela Serrano, una scrittrice cilena, con la scoperta, o riscoperta, dell’importanza, forza e bellezza della preghiera a seguito della malattia, e poi della morte, di sua sorella maggiore Margarita. La scrittrice narra i fatti di quel periodo nel suo testo Il mantello, descrivendo le emozioni e i sentimenti che l’hanno accompagnata. Così descrive una prima esperienza fatta:

«Qualche anno fa ho partecipato a una veglia funebre in campagna. Era morta la signora Olga, una valligiana molto vicina alla famiglia. Partimmo la sera da Santiago per andare a Mallarauco a porgere le nostre condoglianze. Arrivati lì, ebbi a malapena il tempo di abbracciare i suoi figli quando qualcuno mi fece sedere sopra uno sgabello vicino alla bara. Per pregare. Recitavano il rosario. Ad alta voce. Io non ricordavo tutte le parole, soltanto le principali, e mi unii al coro ripetendo Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. E intanto nella stanza succedevano cose, gente che entrava e usciva, qualcuno piangeva, i bambini mangiavano, ma la preghiera non s’interrompeva mai. C’era poca luce. I famigliari della defunta si affannavano in giro. Rimasi lì a pregare a lungo, era il modo migliore per tenerle compagnia. Inutili le parole, le condoglianze e i luoghi comuni sulla morte, tutti parevano inondati dalla pace del rosario. Un calmante. Un mantra.» Serrano Marcela, Il mantello, trad. Finassi Parolo Michela, Feltrinelli 2022, p. 57.

Così anche una persona non praticante, o addirittura miscredente come si definisce lei, può sperimentare in sé quanto bene derivi da questo dialogo interiore e introspettivo (anche se, soprattutto all’inizio della conversione, può sembrare un mero ripetere parole), per sé e per quelli le che sono intorno. La sua testimonianza è importante proprio perché senza filtri e preconcetti mutuati dall’esterno (anche se non è possibile dirlo in modo assoluto, comunque questi risultano molto attenuati visto la laicità dell’autrice, nata in una famiglia credente ma che della fede non sembra averne fatto il suo centro vitale quanto piuttosto un contorno folcloristico della società in cui era cresciuta), ma si basa solo sulla sua esperienza personale, sulla realtà concreta vissuta ed esperita. Ha potuto constatarne gli effetti su se stessa è sull’ambiente che la circondava.

«Mentre Margarita agonizzava e noi stavamo tutte intorno al suo letto, me ne ricordai. Recitiamo il rosario, proposi. Qualcuna di loro mi guardò stranita, proprio io, l’unica miscredente della famiglia, facevo quella proposta. (…) Andammo avanti a lungo a recitarlo (un rosario intero è interminabile), pervasi da un’ondata di tranquillità, quanta pace nell’aria, perfino il respiro della malata era più quieto. Non importava il senso della preghiera, la sostanza era il rituale. Senza interruzioni, senza sussulti, la litania, parole riecheggiate migliaia di volte nel passato, generazioni intere a ripeterle, ripeterle. Mia nonna, mia madre, noi, i nostri figli. La reiterazione.

Questo è il rosario. Un mantra di guarigione collettiva.» Idem, p. 57-58.

Noi sappiamo che la preghiera è questo e molto altro: redenzione, amore, apertura di cuore, comunione delle anime, fino all’unione spirituale con Dio, fino a porci noi in Lui e Lui in noi. La preghiera è già anticipo della Vita Eterna, ci conduce fino alla porta del Paradiso ed è la chiave per entrarvi.

Una frase celebre di san Pio da Pietrelcina dichiara a proposito della preghiera: «Chi prega si salva, chi non prega si danna».

Per tutto questo la preghiera è davvero fondamentale per la vita di ogni persona.

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