Nelle Fonti Francescane ci sono due versioni del famoso episodio della Perfetta Letizia (cf. FF 278 e 1836). I testi sono simili, cambia la contestualizzazione e il finale.
Nel secondo testo (FF 1836) Francesco, in cammino da Perugia verso Santa Maria degli Angeli insieme a frate Leone, spiega al suo confratello in cosa consiste la Perfetta Letizia. Giunti al convento non sono accolti perché non riconosciuti e, scambiati per briganti, vengono percossi con un bastone dal frate portinaio; nel primo (FF 278), invece, Francesco è già a Santa Maria degli Angeli e chiama a sé Leone per dirgli di scrivere ciò che gli dirà e, nel finale, non viene accolto perché ormai i frati si ritengono essere “tanti e tali” da non avere bisogno di lui.
San Francesco, da buon conoscitore delle Sacre Scritture qual’era, avendole meditate e interiorizzate, nei suoi scritti fa molto uso di frasi e passi biblici, spesso con citazioni dirette, altre volte con collegamenti più o meno espliciti.
Nella prima parte dei testi francescani, dove il santo illustra al confratello le situazioni nelle quali “non è vera letizia”, c’è un chiaro richiamo al brano evangelico di Mt 7,22, nel quale Gesù espone qualche esempio di sequela da parte di falsi discepoli:
«Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?» Mt 7,22
Nelle Fonti Francescane si trova scritto:
«Ancora, [si annuncia] che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, e inoltre che io ho ricevuto da Dio tanta grazia che risano gli infermi e faccio molti miracoli; io ti dico: in tutte queste cose non è vera letizia.» FF 278
«“O frate Lione, benché il frate minore allumini li ciechi e distenda gli attratti, iscacci le dimonia, renda l’udire alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli e, ch’è maggiore cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”. E andando un poco, santo Francesco grida forte: “O frate Lione, se ’l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte: “O frate Lione, pecorella di Dio, benché il frate minore parli con lingua d’agnolo e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte: “O frate Lione, benché ’l frate minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia.”» FF 1836

I richiami alle azioni descritte nel testo matteano (profetare, cacciare demòni, compiere molti miracoli) sono evidenti.
Nella Bibbia l’espressione ‘Perfetta Letizia’ si trova nella Lettera di Giacomo, capitolo 1 versetto 2: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove».
San Francesco, nel dettare il suo pensiero a frate Leone, aveva sicuramente presente anche questo scritto, nel quale sono presenti elementi indubbi di collegamento con i testi delle Fonti, cioè la Perfetta Letizia collegata al subire prove.
Il brano biblico continua ai versetti 3 e 4 così:
«sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.»
Anche in questo caso, i collegamenti con la parte conclusiva dei testi francescani sono evidenti:
«Io ti dico che, se avrò avuto pazienza e non mi sarò inquietato, in questo è vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima.» FF 278
«se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia. E però odi la conclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi.» FF 1836
È presente in entrambi i brani il forte richiamo alla pazienza, la quale produce come frutto finale “vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima”.
Francesco, però, non dice solamente che la sopportazione è da praticare per aspirare a beni personali, siano pure spirituali come la gioia interiore, l’acquisto della virtù o la salvezza dell’anima, essa è da “sostenere per suo amore”. L’amico, il vero discepolo, non disdegna ma anzi “volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi.” Questo coraggio e forza interiore non deriva, comunque, da un mero sforzo di volontà ma è dono dello Spirito Santo.
La motivazione forte che spinge a sostenere “pazientemente e con allegrezza” le contrarietà della vita è “per suo amore”. È un ricambio d’amore: sentirsi talmente amati da voler riamare allo stesso modo, con uguale intensità. Questo è il santo desiderio della creatura amata che per realizzarlo ha bisogno dell’aiuto del suo Creatore.
Un concetto simile si trova anche nel Cantico di frate sole:
« Laudato si’, mi’ Signore,
per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke ’l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.»
Qui collegato direttamente a “per lo Tuo amore”, oltre al sostenere “infirmitate e tribulazione”, c’è il perdono. Questo passo del Cantico richiama chiaramente un altro versetto della Lettera di Giacomo:
«Beato l’uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.» Gc 1,12
Al sopportare la tentazione si aggiunge l’elemento della corona ricevuta dal Signore, oltre che l’esplicito richiamo all’amore, qui posto nella direzione creatura-Creatore ma sempre sul piano del contraccambio.
Quindi, secondo san Francesco, è il ricevere l’Amore di Dio e restituirglielo che smuove l’uomo alla sopportazione e al perdono. Premio e frutto di questo sacrificio e offerta è e sarà la “vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima”.
Sembra tutto molto semplice e lineare, ma forse il vero frutto di quell’Amore è altro.
«Così il verace amore di cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine stessa dell’amato.» FF 1228
Il vero frutto dell’amore di Dio contraccambiato è diventare l’immagine stessa di quell’Amore.
Questo non è un privilegio dato al santo patrono d’Italia, ma diventa realtà concreta per ogni fedele che agisce, che vive ogni attimo della giornata, che offre interamente la vita al servizio dei fratelli “per lo Tuo amore”.
«O frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia.» FF 1836

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