Verso la perfezione: il cammino ecclesiale di Mt 18

Prima di tutto si invita a tenere presente l’intero capitolo di Mt 18 (una sua lettura attenta ci farà del bene). Il Vangelo di questa domenica, la XXIII del tempo ordinario, anno A (Mt 18,15-20), appartiene a quello che gli studiosi hanno indicato come «ecclesiale», perché contiene particolari regole di comportamento per la comunità dei discepoli di Gesù. L’indicazione è sostenuta anche dal linguaggio usato: ritorna spesso la parola «fratello», tipica per le prime comunità cristiane; compare il termine «ekklesia/chiesa», tradotto bene con «comunità», ma resta sempre l’allusione alla comunità organizzata. Dobbiamo notare la presenza di contraddizioni: la possibilità della scomunica, allontanamento di un fratello dalla vita comunitaria, non è in contraddizione con il perdono illimitato presente nel brano della prossima domenica? Queste contraddizioni vanno risolte? O sopportate?

All’unico Signore Gesù, nella forza del suo Spirito, corrisponde l’unico Vangelo, che secondo Matteo ha il suo centro nel comandamento dell’amore e nel mandato missionario. Si tratta, quindi, dell’invito a un cammino di perfezione verso la piena realizzazione delle volontà del Padre, che si compirà nel Regno definitivo, ma che i discepoli di Gesù sono interpellati fin d’ora a costruire, come il loro Signore la cui vita è stata tutta una dedizione al Regno, fino al dono della vita. Sotto la prospettiva di indicazioni secondo una scala di valori, le contraddizioni vanno conservate: l’attenzione verso i piccoli sta con la possibilità di tagliarsi le è di ostacolo; la possibilità limite della scomunica sta con il perdono senza limiti. Tre parole illuminano il nostro cammino di vita.

Nell’attuale contesto, l’allontanamento dalla comunità dovrebbe tendere a passare da un atto giudiziario imposto per motivi pedagogici (così è stato nella storia e lo è ancora oggi) ad una decisione personale di fronte ad una verità che non si riesce o non si vuole osservare. Scriveva D. Bonhoeffer che per predicare con autorità il perdono occorre predicare con altrettanta autorità il peccato e l’ingiustizia. La Chiesa deve predicare le «ingiustizie» perché nella propria coscienza le persone decidano come allontanarsene. Per la difesa dei piccoli, la scomunica esiste come caso limite, ma la perfezione alla quale tendere è il perdono senza limiti.

Mettere davanti a Dio le nostre esigenze purificate dalla preghiera è un atteggiamento di fede che pone sotto la grazia di Dio anche le decisioni della comunità. L’immagine più limpida è la preghiera che Salomone rivolge a Dio, quando l’arca della Presenza viene trasferita nel tempio appena costruito. Centro di questa bellissima invocazione è un semplice grido: «Ascolta e perdona!» (1Re 8,30).

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