Inizio del tempo di Avvento: il tempo di Dio distinto dal tempo del mondo. Ma che cos’è il tempo? Molti si sono interrogati, da Agostino in poi, e recentemente in modo divulgativo fisici italiani (Rovelli, Tonelli). Agostino è limpido nella sua affermazione: io so che cosa è il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo (Confessioni, libro XI), tutto si fa confuso. Per Rovelli il tempo non esiste, per Tonelli è qualcosa di radicalmente diverso da come lo immaginiamo.
Una cosa, però, è sicura: esiste e comprendiamo la misurazione del tempo. Esiste una misurazione mondana del tempo ed esiste una misurazione di fede. La medesima realtà viene misurata in modi diversi, legati a interpretazioni diverse. Non necessariamente contrapposte, ma differenti sì. E la misurazione del tempo incide sulla nostra vita ordinaria: Capodanno o prima d’Avvento, week-end o giorno del Signore non sono la stessa cosa per lo scorrere quotidiano dei giorni, intessuti di desideri e progetti, azioni e relazioni.
L’avvento come tempo di Dio ci colloca in una prospettiva particolare, che i primi cristiani leggevano come intersezione fra due momenti: la venuta del Figlio di Dio nella carne e la sua venuta futura nella gloria definitiva. La pagina del Vangelo di oggi ci fa partecipare a questa doppia venuta: il racconto fa memoria passata di quello che Gesù ha detto e rinvia ad una memoria del futuro quando il Figlio dell’Uomo ritornerà per un giudizio finale. Ma la fede successiva della comunità cristiana ha reso esplicita una dimensione che è nascosta nella pagina evangelica: il tempo intermedio tra le due venute, il nostro tempo, è un tempo di continuo avvento, di venute continue da parte del Risorto.
La presenza di Cristo è continua, ovunque … è legata allo scorrere mondano dei giorni … siamo chiamati a percepirla nella fede e trasformare il tempo mondano in tempo di Dio. Non è tanto una questione di possesso, ma di una relazione che coinvolge, che può giungere ad un coinvolgimento completo. E il cardine di questa trasformazione è proprio quanto stiamo celebrando: l’eucaristia. Attraverso questo sacramento il ritmo mondano della vita acquista la dimensione di Dio. Attraverso la nostra fede, di noi che partecipiamo a questo rito, tutto viene riferito a Dio, collegato a lui, immerso nel suo tempo … che è un tempo di salvezza, cioè di cura, di consolazione, di fratellanza senza divisioni. Perché questo accada davvero, siamo chiamati a diventare come il pane e il vino che «sono abbandonati» allo Spirito che trasforma. Non possono fare altro. Noi possiamo, invece, liberamente abbandonarci o trattenere qualcosa per noi stessi. Francesco d’Assisi scriveva ai frati di non trattenere nulla per se stessi, per potersi abbandonare a Lui, che si dona totalmente a coloro che totalmente si abbandonano a Lui. Troppi preti diventano protagonisti di un rito, invece di scomparire davanti alla presenza del Signore. Ma l’essere io protagonista impedisce che lo sia il Signore. Per questo occorre pregare perché sia sempre Lui, il Signore, il protagonista della celebrazione, perché tutti noi e ognuno di noi possiamo abbandonarci a Lui. Sia proprio così il nostro tempo d’avvento, tempo di Dio per la nostra vita e del mondo intero.

Come dire la Pasqua

Come dire la Pasqua? Nei paesi dell’oriente cris6ano, da questa notte chiunque s’incontri per la strada si scambia un saluto che è soprattutto un annuncio

Leggi »