Cappuccini da Salisburgo alle Fiandre alla Renania

Sulla frontiera tra Baviera e l’Austria incontriamo nel lontano 1613 il ducato di Salisburgo dove i Luterani volevano scrivere, come su una lapide: Qui fu il cattolicesimo. Si sbagliarono di grosso perché dei fervorosi e santi cappuccini, Silverio da Brianson, Giacomo d’Augusta e Michelangelo da Veilheim, con la prudenza del serpente e la semplicità della colomba, lodando Dio nel rifiuto e nel disprezzo, non solo confermarono i pochi cattolici ma riconquistarono alla Chiesa cattolica numerosi luterani. Altri cappuccini, come Ambrogio da Dinglispilla e Cipriano da Valdenon, percorsero le vallate, noncurante delle minacce di morte, predicarono con ardore, praticandolo alla lettera, il santo Vangelo. Noncuranti del rigidissimo inverno con una slitta percorsero il Pongau. La gente vedendo che non chiedevano né oro, né argento li accolse e aderì alla verità da loro annunciata, con parole pieno di affetto schietto e tenera carità. Dopo breve tempo non c’era piú alcun eretico! Bisognava annunciare il Vangelo nella sua interezza anche a Gastein, dove la gente aveva giurato di uccidere i due cappuccini, se vi avessero messo piede. Ma la forza della pazienza nel sopportare con serenità gli insulti, le minacce, le grida e l’esempio di una vita santa non solo conquistarono la gente ma anche i predicanti più agguerriti come una delle autorità più in vista della valle. Provocato dai suoi ex discepoli per vedere se davvero era disposto a dare mille volte in suo sangue, “esclamò forsennato: ecco come sostengo la mia fede! Ed in così dire caccia la mano in un ferro e se lo conficca nella gola. Quanti erano con lui tramortirono, il misero nuotava nel suo sangue…frate Ambrogio e il suo compagno accorsero. Come ne intese le prime parole, dié in isbuffi di risa, parte per la bocca, parte per i fori della gola” (p. 367). Ma fu tanta la carità, la luce della verità che invase questo incallito eretico che cominciò a singhiozzare, chiese perdono, abiurò l’errore e morì riconciliato con Dio e con la Chiesa.

L’ardore missionario dei cappuccini era inarrestabile e si impegnavano in ogni modo per riportare le pecore smarrite all’ovile di Cristo. Il papa, Sisto V appoggiava l’Ordine per ampliare la presenza dei suoi frati ovunque ci fosse da riportare sia “colla diligenza e bontà, che col valore e colle arme, quei popoli al vero culto di Dio” (p.368). Per soccorrere il Belgio in quei duri tempi di eresie e rivolte, furono inviati quattro cappuccini, ben accetti ovunque anche perché non gravavano su nessuno, nemmeno “alla tavola dei poveri, per il loro voto di strettissima povertà; e sembra che gli eretici prestino più volentieri loro l’orecchio, che ad altri” (p. 369). A quei tempi bastava vedere in faccia i nostri santi frati perché la gente si convertisse e altrettanto fruttuosa era la loro parola, che scaturiva dalla coerenza del vivere. Due fratelli si distinsero nelle terre di Fiandre, figli di un settario puritano, conte di Forbes e di Margherita Gordon, di religione cattolica. Dal matrimonio nacque Guglielmo che poi divenne cappuccino zelante e quando nacque il secondo figlio, Giovanni, la mamma fu messa in carcere e ripudiata dal marito a causa della sua religione. Il bimbo le fu sottratto. Nel fiore della gioventù fu conquistato alla vita religiosa dal fratelli e dallo zio gesuita, apostolo della Scozia, certo Giacomo Gordon. Ogni privazione per questo giovane neofito e pieno di fede erano pane saporito per i suoi denti e le lusinghe del mondo furono spente con la preghiera, il digiuno, e l’abnegazione in umiltà divennero le virtù piú amate. Divenne professo e sacerdote cappuccino con il nome di fra Arcangelo, che si distinse per la “straordinaria umiltà, la modestia, la povertà e nettezza insieme, la carità per gli infermi, lo spirito di raccoglimento, la devozione per Gesù e Maria, la composizione esterna, il fervore dell’orazione” (p.372). La prontezza dell’ingegno, l’eccellente memoria, il dono della parola forte e infiammata, fecero di lui un indefesso difensore della fede. Si percepiva che le sue parole scaturivano da una fusione sua con l’Amato. Dopo tante sofferenze, fra Arcangelo riuscì a riabbracciare sua madre che da quel momento divenne fedele sua discepola nel cammino francescano di santità. Frate Arcangelo predicava piú con la vita che con le parole e fu per questo esempio luminoso che molti riconquistò alla Chies cattolica, soldati assetati di vendetta alla riconciliazione e infine quando nel Belgio scoppiò la peste si fece prossimo insieme ad altri confratelli di questi ammalati e condivisero con loro tutto, fino al dono della vita.

Il vescovo di Magonza, per restituire alla fede e alla pietà cattolica il gregge, dilacerato da discordie e indebolito nella sua vita, chiese ed ottenne sette cappuccini, capitanati dall’irlandese poliglotta Francesco Nugent e così diffondere la riforma della Chiesa secondo le decisioni del Concilio di Trento. L’opera dei nostri cappuccini a partire dal 1613,  si concentrò nell’annuncio della Parola Nella lettera di richiesta del vescovo di Bisceglia si leggeva: “i quali nella santità e zelo della religione sollevino gli oppressi, rialzino i caduti, risanino gli infermi ed esercitino altri officii di cristiana carità” (p. 377). Fu fondata una confraternita, sempre diretta dai nostri frati, aperta a tutte le persone di buona volontà, denominata “Passione”, divenuta sodalizio famoso e preziosissimo per diffondere e conservare la fede, con la Parola e la testimonianza della carità verso tutti i bisognosi.

Fra Renato, cappuccino

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