I cappuccini in Palestina, Egitto e nella regione del Maghreb, formata dal Marocco, Algeria, Tunisia e Libia (parte prima)

Non era facile penetrare nel regno dell’Islam, che manteneva con fermezza le proprie convinzioni religiose e non tollerava chi volesse convincerli di abbandonare l’Islam, per divenire cristiani. Provarono sulla propria pelle due nostri cappuccini, Bernardino da Fiandra e Zaccaria da Ungheria, che arrivati a Gerusalemme, si dettero da fare con fervore per convertire al cristianesimo i mussulmani li presenti. Furono fatti prigionieri, si fece di tutto per far loro abbracciare il Corano, ma non ci fu niente da fare. I fratelli mussulmani saltarono loro addosso, li flagellarono con forza e poi li trafissero. Dieci anni dopo, fu la volta di altri cappuccini toscani che, impediti di evangelizzare in quel di Costantinopoli, si diressero a Gerusalemme, dove si sforzarono di conquistare a Cristo Gesù i cari mussulmani ma non sembra che abbiano avuto risultati perché se ne andarono dopo qualche anno a Costantinopoli e in Grecia. Nella terra d’Egitto troviamo i nostri cappuccini Giovanni Zuaze e Giovanni da Troja che decisero di cominciare la loro predicazione dal pascià, al quale fu riferito che due strani personaggi smunti, avevano da dire cose urgenti. Fra Zuaze così si presentò al cadì: “Gravissime cose ed utilissime al popolo ho, signore, a proporti; a cui se presterai ascolto, grande sarà il tuo nome, immortale la gloria”. E parlò dell’urgenza di salvarsi l’anima e liberare il popolo dalle menzogne di Maometto: “Sappi-disse- che la salvezza non è da cercarsi nella legge di Maometto, turpe seminario di vizi; ma nella fede e nel battesimo di Gesù Cristo, Signore e Salvatore nostro…Metti dunque giudizio, e bada che t’ingannano dandoti in Maometto un profeta: no, non vi è altro nome sotto il cielo dato agli uomini perché vi cerchino salute, oltre quello di Gesù Cristo” (pag. 410-411). Furono considerati pazzi a causa dei digiuni e per una settimana furono ben rifocillati per vedere se recuperavano la sanità mentale accettando il grande profeta Maometto. Ma i nostri fraticelli tornarono all’attacco e la goccia che fece traboccare il vaso fu quando tacciarono Maometto di essere un impostore. Furono flagellati e gettati in un carcere orrendo dove non si riusciva a stare ne ritti ne stesi! I due fraticelli salmodiavano, cantavano e lodavano Dio. Dopo qualche giorno furono di nuovo condotti dal calì che li interrogò per vedere se abiuravano, ma nessuna minaccia fece desistere i nostri impavidi cappuccini dal testimoniare Gesù Cristo. Furono di nuovo brutalmente flagellati al punto che il sangue colava da ogni parte e vennero condannati a morire di inedia nel carcere sotterraneo, dove si spensero pregando e intercedendo per la conversione dei loro carnefici.

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