Missione in Germania

L’arcivescovo di Praga Zbynek rimase colpito da ciò che tutti nella Chiesa cattolica scossa dalle recenti eresie protestanti, irrorate da odio, divisioni, guerre, testimoniavano della vita santa dei frati Minori Cappuccini, sempre in prima fila per difendere la verità di Cristo con la preghiera, la penitenza e lo zelo apostolico in mezzo al popolo di Dio. Scrisse allora una lettera entusiasta per avere in quel di Boemia cinque o sei frati per dare vita ad una presenza stabile e arginare i danni provocati da tutte queste lotte. La risposta andò oltre le attese del vescovo che si era impegnato a dare valida assistenza. Furono inviati addirittura 12 frati proveniente da diverse regioni anche fuori d’Italia, capitanati e scelti nientemeno che dal beato Lorenzo da Brindisi, battezzato Giulio Cesare, “uno di quei pochi che seppero accordare altissima contemplazione e vita attivissima, quieta del chiostro e rumore del secolo” (p. 323), un vero dono di Dio per l’umanità tormentata. Questa santo cappuccino ebbe il dono delle lingue: parlava correntemente lo spagnolo, il francese, il tedesco, il greco, il latino, il caldeo, il siriaco, ma soprattutto l’ebraico appreso direttamente dalla santa Vergine Maria per capire meglio la Bibbia e spremendolo ne sarebbe uscita soltanto la parola di Dio, tanto era immerso nei libri sacri. Quasi tutte le città d’Italia furono annaffiate dalla sua predicazione e riscaldate dal fuoco del suo amore a Cristo Gesù e alla sua verità, integralmente custodita nella Chiesa Cattolica. Il suo parlare infuocato scaturiva da una continua contemplazione irrorata da lacrime di devozione. Ogni predica era frutto di quattro o cinque ore di meditazione inginocchiato davanti alla Vergine Maria con la il testo sacro tra le mani, “sospirando, orando e piangendo” (p. 326). Verso gli ebrei nutriva un amore pieno di tenerezza e li chiamava amici e fratelli. Non v’era città dove fossero presenti che non ebbero ad ascoltare le sue prediche per portarli alla conoscenza ed accettazione rispettosa del Messia crocefisso Gesù e quando in Venezia tesero tranelli e insidie alla sua vita, con tutto il cuore li perdonò. In molte città “Egli ebbe la consolazione di vedere una folla di giudei abbracciare la religione cristiana” (p.327).  Tra il gruppo merita una particolare attenzione anche fra Benedetto, fin da giovane eccelleva per la purezza dei costumi e la disciplina. Entrato nell’Ordine fu considerato un secondo Francesco di Assisi per la povertà. Passava dalla mezzanotte all’ora della messa mattutina in fervente preghiera davanti a Gesù eucaristico, immerso nello scandalo della croce dove attingeva la sapienza per la predicazione, che fu l’impegno principale del suo vivere cappuccino. Ogni sua parola scaturiva dalla sorgente della preghiera e dall’umiltà che lo portò ad evangelizzare i poveri e “gli idioti” (p.329). Il gruppo dei nostri frati armati di povertà e servizio bagnato di autentica carità quando seppero che in Boemia la peste stava facendo strage. Volevano soccorrere gli ammalati, ma il varco era chiuso. Ripristinate le comunicazioni dopo due mesi frate Lorenzo da Brindisi fondò tre conventi: a Praga, a Vienna e a Gratz che ben presto divennero tre fiorenti Provincie. L’apostolato non fu facile anche perché all’epoca le questioni religiose erano unite a quelle politiche e alcuni facinorosi protestanti spesso tesero insidie mortali ai nostri cappuccini per tutelare i propri interessi nelle aree conquistate alla riforma. L’imperatore Rodolfo II, che si interessava più degli astri e delle allucinazioni di un rinomato “buffone” di corte, il perito astrologo Tico Brahe, si era lasciato sedurre dai suoi deliri e stravaganze come quella di aver letto nelle stelle questa terribile sentenza: “che i Cappuccini erano a Praga per attentare al filo della sua vita” (p.332). Poi l’imperatore dovette affrontare insieme alle altre forze cristiane la minaccia turca e fu grazie alla fede e alla santità di Fra Lorenzo da Brindisi, montato su un cavallo e armato della croce di Cristo, che le truppe cristiane di appena 18.000 soldati, mentre l’esercito turco disponeva di ben 80.000 uomini, che conquistarono la famosa vittoria di  Albareale l’undici ottobre 1611. L’eroica testimonianza di questo nostro santo cappuccino riportò alla fede molti protestanti e conquistò all’Ordine vari soldati. Numerosi cappuccini come nel lontano 1456 fecero due famosi santi francescani, san Giovanni da Capistrano e san Giacomo della Marca, presero parte alla battaglia e alcuni vi persero la vita unicamente mossi dallo zelo per difendere la fede cristiana e la Chiesa cattolica. Tra questi intrepidi cappuccini missionari in quel di Boemia bisogna ricordare Benedetto Passionei, dichiarato beato nel 1867 da Pio IX, per la sua intensa opera di evangelizzazione e di instancabile testimone dell’amore di Cristo verso ogni sofferenza e povertà. Nel suo zelo per riportare alla Chiesa cattolica i protestanti subì calunnie, persecuzioni non esclusa la minaccia di esser trucidato, ma lui  rispondeva con l’umiltà, il perdono, la penitenza e un’intensa e fervorosa preghiera per la loro salvezza. Vero modello di profeta, non guardava in faccia a nessuno nel denunciare le ingiustizie, smascherare la menzogna nel mostrare chiaramente i peccati alle coscienze perché possedeva il dono della “scrutazione dei cuori e della profezia insieme a quello delle lagrime e delle guarigioni” (p. 342). Chiunque  avesse avuto bisogno del suo ministero  e della sua opera caritativa lo trovava sempre disponibile e di lui abbiamo questa testimonianza: “Altrettanta carità aveva per gli infermi; i carcerati visitava sovente, ed egli il patrono degli oppressi, l’amico degli sventurati: il suo nome equivaleva a quello di angelo di pace….alla sua predicazione si videro scandali rimossi, odii estinti, costumi riparati, ristaurata la carità, richiamate paci domestiche e cittadine..nel giorno da lui predetto (30 Aprile 1625) fissi gli occhi in Gesù, mentre esclamava: ‘Ecco finalmente me ne volo in braccia al mio Dio’, volò a Lui soavemente” (p. 342). Fra Renato

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