Essere re : solennità di Cristo re Anno B (Gv 18,33-37)

L’ultima domenica dell’anno liturgico ci pone sempre dinanzi alla figura di Cristo, re dell’universo, solennemente raffigurato in molte chiesa antiche come il Pantocrator, il «Signore di tutte le cose». Eppure l’immagine che ne abbiamo dal Vangelo è quella di un re crocifisso, coronato di spine, che mostra la sua singolare regalità nel colloquio con Pilato, del quale abbiamo una versione particolare nella redazione giovannea.

Il dialogo fra Pilato e Gesù inizia con una domanda precisa: «Sei tu il re dei giudei?». In tutte le narrazioni evangeliche, queste sono le prime parole che Pilato rivolge a Gesù, come se l’argomento principale del loro dialogo sia proprio la regalità in questione. Tuttavia, l’evangelista Giovanni conserva una propria particolarità, perché il dialogo sembra a parti rovesciate, come se fosse Gesù colui che conduce l’interrogatorio, secondo lo stile che appartiene ai dialoghi di Gesù in tutto il quarto Vangelo. Così il processo romano, nella sua interezza, manifesta un valore simbolico legato alla figura di Pilato.

Il valore appare nel confronto con un altro dialogo, quello con la Samaritana. La donna di Samaria e il procuratore romano rappresentano la figura di coloro che sono incerti di fronte alle parole del Signore, giungendo alla fine a due esiti contrapposti. La donna, titubante, indecisa, nella continua ricerca di scappatoie, alla fine giunge alla fede in Gesù, così da comunicarla ai suoi concittadini (Gv 4,28-29). Pilato, anch’egli indeciso lungo tutto il dialogo, tenta di evitare la condanna di Gesù, cercando di mettere i Giudei in una situazione che ritiene inaccettabile da loro. Ma questo non accade, tanto che affermeranno di non avere altro re che Cesare (Gv 19,12.15). E Pilato cede, facendosi corresponsabile della tragedia. Ognuno di noi è interpellato dalle due figure: indecisi nella fede, spesso tentennanti … quale potrebbe essere la nostra scelta definitiva personale?

A questo valore simbolico, legato al senso globale del processo romano contro Gesù, possiamo aggiungere una riflessione più particolare sul rapporto tra la regalità di Cristo e la verità. L’affermazione della signoria di Cristo, «Cristo re», è prima di tutto un appello alla nostra coscienza, tempio sacro nel quale risuona la voce dello Spirito perché l’ascoltiamo nell’obbedienza di fede. Perché costruiamo la verità camminando nella carità. La verità di Cristo è la sua stessa Persona. La verità di Dio è la crescita del suo Regno nella nostra vita personale, in quella delle nostre comunità, in quella dell’intera umanità. E il suo Regno, come ricorda l’apostolo Paolo, non è questione di regole, ma di atteggiamenti esistenziali che culminano nell’esercizio della misericordia e di un amore senza confini.

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