Frati Cappuccini in quel di Savoia

San Carlo Borromeo supplicò i cappuccini di andare in aiuto alla Chiesa cattolica devastata dagli estremisti della riforma e soprattutto per fortificare il popolo cristiano in un momento tanto difficile che vide manomettere tutto ciò che avevano di più sacro perché i rivoltosi eretici “violarono chiese, arsero statue, rovesciarono altari” (p. 249), costoro erano capitanati dal fanatico incendiario Guglielmo Farel, che faceva ardere vivi in piazza pubblica chi si rifiutava di “far sparire tutti gli altari e le immagini dalle chiese, le croci dai luoghi pubblici” (p.253). In queste zone lavorava già da anni san Francesco de Sales che volle come aiutanti Gesuiti e Cappuccini, per essere infiammati e ardenti di zelo. Quando nel 1596 arrivarono fra Spirito di Baume, fra Antonio da Tournon e fra Cherubino da S. Giovanni in Moriana il santo li abbracciò pieno di gioia e gratitudine e divenne amico inseparabile di fra Cherubino apostolo senza fissa dimora, condiva la sua predicazione con la preghiera e il digiuno, nascosto nel cuore della Vergine Maria. L’impegno apostolico dei Domenicani, dei Gesuiti, dei Cappuccini con la stupenda partecipazione di san Francesco de Sales esplose in frutti abbondanti di conversioni, se ne contarono fino a quindicimila. Nei giorni in cui fu predicata e vissuta intensamente la pratica ormai diffusa delle Quarantore. Al termine della adorazione eucaristica fu fatta una solenne processione con la partecipazione di cattolici e protestanti per ricollocare la croce su un’altura vicino Ginevra, che 60 anni prima era stata divelta dalla furia protestante. Il cappuccini fra Spirito “mostrò nella croce il memoriale dell’amore infinito di un Dio, il quale ha sparso per noi fino all’ultima goccia il suo sangue, e ne dedusse in conseguente l’onore che l’è dovuto, con tanta unzione ed energia, che non solamente i cattolici in numero di trentamila, ma anche i protestanti attirativi dalla curiosità, piangevano, si battevano il petto e gridavano misericordia” (p.269). San Francesco di Sales con fra Cherubino erano un baluardo contro l’eresia e nella pratica delle Quarantore avevano trovato il mezzo più efficace per riscaldare il cuore dei fedeli e confermarli nella adesione alla Chiesa cattolica e al tempo stesso per riportare innumerevoli eretici alle verità che avevano rinnegato, per essere stati ingannati da pastori incompetenti e faziosi, animati più dall’orgoglio cieco che dall’amore verso la verità che è Cristo Gesù.  Il nostro cappuccino fra Cherubino non ebbe vita facile e “in un viaggio gli eretici, per disfarsi di costui, gli avevano gittato sulla testa certo acido violento, onde cadde gravemente infermo e fu al punto di restarne vittima: nel suo pericolo Cherubino fe’ voto alla madonna di Loreto di andarvi in pellegrinaggio, se campava dal medesimo” (p. 289) tornando dallo sciogliere il suo voto si incontrò con il nipote di Calvino, Stefano Faverge, e dopo diversi calorosi dialoghi e confronti finalmente riconquistò alla Chiesa cattolica questo figlio di Dio, rimasto per molto tempo impigliato nell’errore. Fui tanto abbondante la grazia che “dopo aver abjurato i suoi errori, prese l’abito di carmelitano scalzo col nome di Clemente di santa Maria” (p.289). Quando in quegli anni maledetti scoppiò la guerra che portò morte, miseria e peste i Cappuccini non se la dettero a gambe ma conforme avevano imparato dal serafico Padre “divisero le loro sollecitudini fra gli appestati ed i poveri” (p.290). Passato il flagello della guerra il nostro fra Cherubino riprese il sogno di costruire una casa, o meglio un centro missionario in Thonon in collaborazione con san Francesco de Sales, che comprendesse “ad una volta preti per la città e provincia, missionari per lo Ciablese (antica provincia del ducato di Savoia) e circostanze, un collegio per la gioventù in genere, un seminario per i chierici in specie, una università per tutti, un asilo per quei convertiti che la fortuna o la confisca aveano messi alla strada, una stamperia, un assembramento di arti e mestieri, un bazar generale” (p. 288). La zona era incantevole, data la vicinanza al lago di Ginevra e molti vicina alla Francia, all’Italia e alla Germania. Il progetto fu esposto al duca, al cardinale e al papa e ai Cappuccini fu dato l’incarico particolare e l’ufficio, dentro questa santa Casa, dedicata a nostra Signora della Pietà, “delle Missioni e predicazione della divina parola, sì dentro che fuori della città di Thonon” (p.292) in una parola dentro e fuori dello Stato sia in lingua francese che tedesca. Attorno alla santa Casa nacque anche un sodalizio laicale che aveva come scopo “la propagazione della fede, l’esaltazione della santa romana Chiesa, l’estirpazione dell’eresia e la conversione degli eretici” (p. 292), servendosi di tutti i mezzi spirituali e materiali ed era aperto a tutti. Già nel suo nascere questo sodalizio abbracciava più di ottantamila forestieri. Fu indetto il giubileo della inaugurazione e furono fatte per opera del nostro frate cinquantamila copie del breve pontificio e diffuse ovunque. Alle cerimonie presero parte ben 20 cappuccini. Una folla sterminata di pellegrini giunse da ogni parte e ben “ventimila di ogni condizione e sesso si trovarono a Thonon” (p. 294). Ci furono numerose processioni durante i due mesi del giubileo, che contavano fino a 4.000 persone. In un giorno potevano arrivare fino a 10 mila pellegrini e durante tutto il giubileo se ne contarono ben trecentomila. Numerosi erano i predicatori e più ancora i confessori sparsi per ogni canto perché non v’era chiesa che potesse contenere tanta gente. Sorprendente fu la dichiarazione di san Francesco di Sales davanti ai successi della campagna missionaria portata avanti da domenicani, gesuiti e cappuccini: “si avrebbe molta pena a trovar cento eretici in questi luoghi, ove prima non si sarebbero trovati cento cattolici” (p.295). Nonostante e forse proprio per la loro fedeltà al vangelo e la passione per il deposito della verità consegnato dagli apostoli alla chiesa cattolica, i nostri cappuccini non ebbero vita facile in quel di Savoia. A quei tempi non correva buon sangue tra alcuni protestanti e  i papisti, come erano chiamati i cattolici e non sopportavano, in buona fede, le immagini e vollero distruggere la famosa croce fatta erigere di nuovo da frate Cherubino, ma il capitano Vallet, giustiziò i rivoltosi e passò la notte nel convento dei cappuccini. Per vendetta i ginevrini protestanti dettero fuoco al convento ma ebbero la peggio perché lo stesso capitano, riuscì a fuggire da una finestra e venne con dei soldati e mise in salvo i frati e disperse i facinorosi.   Finite le ostilità, quando san Francesco di Sales era vescovo e san Lorenzo da brindisi Generale dei Cappuccini, nel 1607 fu indetto un secondo giubileo nella santa Casa, rinomato centro missionario in Thonon. Furono molti che ritornarono pentiti alla chiesa cattolica ascoltando le infuocate parole di san Francesco de Sales e del Padre Cherubino la cui amicizia perdurò intatta fino alla morte nonostante le gravi calunnie mosse contro padre Cherubino accusato di aver presentato il santo come un incapace nella lotta contro gli eretici, con una lettera diffamatoria al papa. I cappuccini in quel di Savoia divennero Provincia di Missionari!
Fra Renato

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