I cappuccini in Palestina, Egitto e nella regione del Maghreb, formata dal Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Parte quarta

Fra Ignazio continuò con coraggio la sua testimonianza in quell’inferno umano e purtroppo ci fu un tentativo di invasione per occupare Algeri da parte di Filippo III che terminò in un vero massacro: “Alcuni cappuccini ed altri religiosi…furono i più tormentati, alcuni squartati vivi, altri impalati, altri arrostiti” (p.427) uno spettacolo che fa rabbrividire sapendo che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, e che in fondo siamo tutti figli dello stesso Padre e fratelli tra noi. Tutti questi martiri offrirono la loro vita per la conversione di colo che li perseguitavano ingiustamente, perché discepoli di Gesù, inviati da Lui per portare la salvezza. Questa sorte toccò a fra Matteo da Rossano ed Amedeo suo compagno, “il primo arso, il secondo scorticato” (p. 427). Straordinaria e impavida fu la testimonianza di fra Dionigi Scorri da, Piacenza, più volte torturato, ma più aumentavano le persecuzioni e più intrepida diventava la sua testimonianza del Vangelo sia tra gli schiavi che tra i fratelli Mussulmani. Fu riscattato e finì i suoi giorni in Lombardia. Deversa e terrificante fu invece la sorte di un altro nostro confratello, che oggetto di angherie e torture da parte del vicerè, vedendo che persisteva nella sua fede cristiana, “alla fine gli fece troncare la testa. E per ostentazione della sua barbarie e per atterrire con quell’horribile spettacolo quei che credevano il sagrosanto Vangelo, fece alzare quella testa sopra la cima di un palo. Maraviglie di Dio! Quel capo reciso, infilzato in tal modo su di un legno, non cessò dal suo evangelizzare e seguitò incessantemente nel predicare per ventiquattro ore continue con quello stupore e commozione de’ popoli, che ciascuno si può immaginare, e con la conversione di innumerabili, che a gran voce esaltavano il potere del vero Dio dei cristiani” (p. 427-28). Come tacere la terrificante sorte che toccò a fra Bonaventura da Lucca, in quel di Tunisi. Per la sua testimonianza cristiana coraggiosa continuamente era insultato. Alla fine con intrepido coraggio, il martire proclamò chiaramente l’identità di Maometto. “Delitto infando! Metter bocca a Maometto in quel momento, in quei luoghi!..Tosto la plebe se ne urtò le orecchie, corse al cadì concitata, schiamazzante, e chiese la morte del cane, che aveva maledetto il Profeta. Morte! Rispose il cadì, ed ecco la vittima abbandonata al furore della marmaglia, che lo spogliò nudo, lo tradusse per la città, caricandolo di vituperii, di fango, di sputi fino al luogo del supplizio: ove un marabuto arringò la folla: non è buon musulmano chi non gli lancia una pietra. E pietre da ogni parte, onde fu morto e seppellito; quindi scavato, il cadavere fu dato alle fiamme, le ceneri sparse al vento” (p.428). Credo che non ci sia stata epoca in cui i mussulmani furono amati di più, perché Gesù disse: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,12). Che il sangue di questi nostri fratelli cappuccini faccia crescere il nostro Ordine e sia semente di martiri nella stessa misura di Gesù.

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