Il Vangelo dei pani

Il Vangelo di questa domenica (Mt 14,13-21) prende il nome di moltiplicazione dei pani, ma alcuni lo indicano come il nutrimento dei cinquemila. Il titolo mostra già un interesse specifico verso il fatto prodigioso oppure la sua finalità. Senza essere in contrasto, le due scelte avviano verso interpretazioni diverse. Osserviamo con attenzione il brano, così come è scritto. Si susseguono tre scene: l’introduzione legata ai bisogni del popolo verso i quali Gesù interviene (vv. 13-14), il dialogo con i discepoli sul far della sera (vv. 15-18), il fatto prodigioso dei pani (vv. 19-21). Fin dall’introduzione siamo invitati a rimanere nella concretezza della vita. Gesù prova grande compassione per la folla e opera guarigioni, segno della presenza del Regno di Dio nella sua persona e nella sua azione gratuita. Il verbo usato per indicare la compassione di Gesù è molto forte, rinvia fisicamente ai sentimenti viscerali di una madre verso i propri figli.

Sul far della sera, di fronte alla richiesta dei discepoli di congedare la folla, entra in gioco un’iniziativa imprevista da parte di Gesù, che fa inquadrare il brano nella categoria dei «miracoli di dono». Fra le varie letture del brano che sono state offerte, due ci sembrano le più adeguate: fin dai primi secoli molti commenti insistono sul significato sociale e politico; la tradizione pittorica vi legge un dato eucaristico, avvalorato dalla ricerca esegetica attuale. Pitture dei pani e pesci compaiono nelle catacombe,

Catacombe di san Callisto

rinvio simbolico all’Eucaristia, «pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia» (Gv 6,50) … mentre è interessante fare riferimento ai mosaici di sant’Apollinare in classe a Ravenna, dove troviamo sia la scena della moltiplicazione, con Gesù che consegna ai discepoli con un gesto di benedizione i pani e i pesci, sia la raffigurazione dell’ultima cena di Gesù con i cinque pani e i due pesci collocati sopra la mensa, a forma a sigma secondo l’uso antico. Gesù è al posto di onore, sulla sinistra, con l’aureola di santità. I discepoli sono intorno alla mensa, molti rivolti verso Giuda, a destra, quasi in contrapposizione con la figura del Signore.

Mosaico dell’ultima cena, sant’Apollinare in Classe

L’esegesi attuale sottolinea la preghiera di benedizione e il gesto della frazione dei pani per darli ai discepoli: sono un chiaro rimando all’ultima cena di Gesù e alla celebrazione eucaristica. D’altra parte, ritornando alla prima interpretazione, il collegamento evidente con le guarigioni che danno inizio al racconto conferma il significato sociale sia del fatto prodigioso sia del coinvolgimento dei discepoli. I discepoli hanno già qualcosa, ma sembra loro una poca cosa, che tendono a conservare per se stessi. La forza della preghiera di Gesù trasforma i loro cuori prima ancora dei pani e li coinvolge nel gesto di condivisione in favore del bisogno della folla.

Il brano, letto così alla luce delle interpretazioni sociale ed eucaristica, getta una luce particolare sul legame fra le nostre celebrazioni e la vita quotidiana. «Con poco si può fare molto» è un detto dell’America latina. Questo «poco» che può fare molto, una volta che si sia immerso nella logica di generosa gratuità del Vangelo, esprime il valore della nostra vita, qualunque essa sia. Il fatto dei pani distribuiti e moltiplicati rivela il valore di guarigione sociale ed ecclesiale che dovrebbero assumere le nostre celebrazioni eucaristiche. Sono memoriale dell’intera vita di Gesù, raccolta in sintesi nell’atto definitivo della sua offerta per noi sulla croce e in ognuna di esse siamo ricollegati con l’esperienza storica che i discepoli hanno avuto con il Signore. Nella libera partecipazione ai doni eucaristici offriamo noi stessi per lasciarsi coinvolgere nella logica del dono di Gesù, proprio come accadde ai discepoli nel fatto dei pani: il poco di ciascuno diventa un molto per tutti.

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