Il tesoro e la perla

Con il brano di questa domenica (Mt 13,44-52) si chiude la sezione del Vangelo dedicata ai discordi di Gesù in parabole per raffigurare il Regno dei cieli. Abbiamo due piccole parabole molto simili fra di loro (il tesoro e la perla), una terza a sé stante (la rete gettata nel mare) e la conclusione un po’ particolare. Le prime due parabole hanno una sequenza simile, dalla quale vogliamo cogliere alcuni particolari. Prima di tutto c’è la scoperta inattesa di qualcosa di prezioso, il tesoro nascosto nel campo o la perla, che spinge sia l’uomo che il mercante ad un’azione risoluta. In entrambi i casi si tratta di una chiara rinuncia al possesso per godere di quel bene. I due personaggi si comportano in modo astuto, ma non agiscono scorrettamente. Per entrare in possesso della cosa preziosa nella quale si sono imbattuti con grande sorpresa e gioia non esitano a rischiare tutto. Non si tratta di un rischio metaforico. La parola di Gesù è chiara. Con la vendita di tutti gli averi si esprime una decisa rinuncia al possesso per godere di quel solo bene che riempie di gioia: il Regno dei cieli. La parabola successiva mette in guardia i discepoli dall’identificare se stessi come coloro che hanno già venduto tutto e possiedono il Regno dei cieli. Una rete a strascico raccoglie tutta una moltitudine di pesci che devono essere vagliati per distinguere quelli buoni da quelli da scartare, anche perché secondo la legislazione mosaica quanto si muove nell’acqua e non ha né pinne né squame deve considerarsi impuro (Lv 11,10-12). Siamo davanti ad una parabola di ammonimento, perché a differenza dei pesci la distinzione fra gli uomini risiede nelle loro scelte libere.

Al servizio di queste si pone la figura degli scribi divenuti discepoli del Regno. Qui Gesù indica quelli che chiamiamo i teologi, fratelli e sorelle nella fede che, attraverso uno studio credente della Scrittura, ci aiutano a scoprire in maniera nuova ciò che diamo per scontato e spiegare ciò che appare nuovo in una maniera comprensibile a tutti.

Una luce sul cammino di fede

Alla luce del vecchio e del nuovo, riprendiamo in mano le prime due parabole, come una luce che illumini la nostra vita. Sono parabole del Regno, cioè di quella relazione nuova che il Signore Gesù desidera realizzare fra noi e il Padre, nella comunione del suo Spirito. Perché, come dice l’apostolo Paolo, «il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole» (Rm 14,17-19). Questa relazione è davvero preziosa e per essa vale la pena rinunciare ad ogni possesso. Non è forse questo che ha fatto Gesù per noi? Rovesciando l’abituale interpretazione che identifica il tesoro e la perla con Cristo, non siamo forse noi quella realtà così preziosa agli occhi di Gesù, da fargli rinunciare ad ogni possesso, svuotando se stesso (Fil 2,7) e diventando povero per noi (2Cor 8,9)? Prendiamoci un tempo di riflessione per lasciare che prendiamo profonda consapevolezza di questa notizia inaudita. Siamo così preziosi agli occhi di Cristo che ha rinunciato a tutto per noi. E conquistati dal suo amore, come facciamo a non rinunciare ad ogni possesso per accogliere fino in fondo Lui che a noi completamente si dona? È il mistero dell’Eucaristia da vivere ogni giorno.

Come dire la Pasqua

Come dire la Pasqua? Nei paesi dell’oriente cris6ano, da questa notte chiunque s’incontri per la strada si scambia un saluto che è soprattutto un annuncio

Leggi »