Vangelo da vivere : domenica XVI per annum (19/07/2020)

La liturgia della XVI domenica del tempo ordinario ci presenta altre parabole del Regno, secondo la redazione di Matteo 13,24-43. Siamo all’interno di un capitolo nel quale l’evangelista ha raccolto parabole raccontate da Gesù in occasioni diverse. Si tratta di caratteristica precisa della sua narrazione: presentare cinque importanti discorsi di Gesù come una novità rispetto ai cinque libri della Legge mosaica. Ci troviamo nel solco di un avvertimento più volte ripetuto dal Signore: «Avete inteso che fu detto agli antichi … Ma io vi dico» (p. es. Mt 5,21). Fin dal discorso sulla montagna Matteo presenta Gesù come il nuovo Mosè che offre al popolo d’Israele una nuova legge. In tutto il discorso sulle parabole messaggio fondamentale è l’annuncio che il Regno di Dio cresce senza interruzione: siamo chiamati ad accoglierlo con fede e speranza, mettendoci in gioco secondo la sua logica. L’evangelista Marco è l’unico a raccontarci una parabola che in sintesi esprime questo annuncio: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura» (Mc 4,26-29). Ogni parabola del Regno è una modulazione di questo annuncio fondamentale. Delle tre parabole di questa domenica (sulla zizzania seminato nel campo di grano, sul granello di senape e sul lievito), solo la prima ha un’ulteriore spiegazione riservata ai discepoli. Accogliendo il senso dell’allegoria proposta, non possiamo dimenticare che solo alla fine della storia si distingueranno i «figli del regno» dai «figli del maligno». Secondo l’espressione ebraica, essere «figlio di» indica una partecipazione profonda alla realtà da cui si proviene. In questo caso si distinguono coloro che vivono secondo la logica del regno di Dio o secondo la logica del maligno. Ogni applicazione a persone concrete è esposta al fraintendimento, perché solo al Figlio dell’uomo spetta il giudizio definitivo (Mt 13,41-43). Un avvertimento, però, dobbiamo ritenere come senso fondamentale dell’applicazione allegorica: il modo con cui viviamo in questo tempo nella fragilità della carne è decisivo per la vita futura e definitiva, quando «i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13,43). La speranza cristiana è una speranza che si estende a tutti, ma non è un’amnistia totale a prescindere dalla vita che abbiamo vissuto. Ce lo ha ricordato papa Benedetto XVI nella sua enciclica sulla speranza: «I malvagi, alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente accanto alle vittime, come se nulla fosse stato» (Benedetto XVI, Spe salvi, n. 44).

Cosa può suggerirci di fare questa pagina del Vangelo?

Questa pagina del Vangelo porta una luce di speranza sulla nostra esistenza, perché ancora una volta ci annuncia come il futuro riposi saldamente nelle mani di Dio. Il Regno viene con certezza, sta venendo, è in mezzo a noi, crescendo in modo silenzioso ma inarrestabile. Siamo chiamati a non tirarci indietro davanti al suo appello. Prendiamoci un’ora di tempo in questa settimana, un’ora per noi stessi, per rivisitare le nostre occupazioni abituali. C’è qualcosa che dobbiamo rimettere a posto? La nostra vita di preghiera personale o il dovere nello studio, nel lavoro? Alcune relazioni che stiamo vivendo con superficialità? Il Regno di Dio cresce anche attraverso il nostro impegno nelle piccole cose: i figli del Regno non fanno cose straordinarie, ma operano in modo straordinario nell’ordinario della vita.

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