Cosa dice il Vangelo di domenica 12 luglio?

Il testo di Mt 13,1-23 è chiaramente un testo suddiviso in tre parti. Presenta la famosa parabola del seminatore, un dialogo d’intermezzo fra Gesù e i discepoli, la spiegazione allegorica della parabola, che il testo mette in bocca a Gesù, ma che probabilmente appartiene alla riflessione della Chiesa apostolica sulla stessa parabola. Infatti, la parabola ha un’efficacia simbolica immediata, tipica dello stile narrativo di Gesù. È un invito a non temere di mettersi in gioco, perché Dio stesso è generoso fino all’estremo nell’elargire i suoi doni, sapendo che il Regno di Dio cresce e il seme della Parola porta frutto. La narrazione prende spunto dall’agire del contadino palestinese dell’epoca. Diversamente da noi, si semina nel campo non ancora arato; l’aratura rivolterà le zolle, facendo scendere il seme nelle profondità del terreno perché possa germogliare. Il contadino sa già che una parte del seme andrà perduto, perché il seme buttato nel campo è esposto agli uccelli oppure cade dove l’aratro non giungerà. Ma è fiducioso che il resto del seme basterà per un raccolto sufficiente e fecondo. Siamo davanti a un appello preciso che ci faccia abbandonare limitati calcoli pastorali e ci apra ad una generosità fiduciosa. La terza parte è un’allegoria, perché ogni elemento è identificato con un atteggiamento spirituale. Non credo che dobbiamo cercare un’identificazione nei singoli paragoni. Proprio perché la parabola ha un significato immediato nella sua narrazione, partiamo da qui: quando siamo fecondi del trenta, sessanta o cento? Quando riconosciamo che davanti alla Parola siamo stati stolti e duri di cuore, quando siamo stati incostanti o fragili nel metterla in pratica, quando ci siamo lasciati sedurre dalle ricchezze. Quando accettiamo tutto questo come parte della nostra vita, la terra del nostro cuore si smuove per nascondere in sé il seme e farlo fecondare in opere evangeliche.

Cosa ci dice? Il testo è una «parola di luce» sulla nostra vita. Fermiamoci per riflettere e trovare nella nostra storia quei momenti in cui non abbiamo compreso la Parola, siamo stati incostanti nel metterla in pratica, ci siamo lasciati traviare dalla ricchezza. Tre momenti della nostra vita da mettere davanti a Dio per chiedere il suo perdono che trasforma.

Cosa ci dice di fare? Lasciamo che la preghiera personale sulla Parola di Dio porti frutto. Siamo chiamati a scegliere con decisione un gesto d’amore da compiere nella settimana. La Parola è scesa dentro di noi e chiede di ritornare a Dio che l’ha mandata come un’opera buona, liberamente scelta da ciascuno di noi. Impariamo da oggi questo percorso di accoglienza e restituzione verso Dio: accogliamo nella meditazione la sua Parola, la restituiamo a lui resa feconda come gesto d’amore verso i fratelli.

fra’ Valerio

Come dire la Pasqua

Come dire la Pasqua? Nei paesi dell’oriente cris6ano, da questa notte chiunque s’incontri per la strada si scambia un saluto che è soprattutto un annuncio

Leggi »