Nell’udienza generale del 30 dicembre 2020 Papa Francesco ha parlato della “preghiera di ringraziamento”. Il Pontefice ha preso spunto per la riflessione dal testo dell’evangelista Luca della guarigione dei dieci lebbrosi (vd. Lc 17), di cui solo uno tornerà indietro a ringraziare Gesù per la risanamento avuto, notando che il racconto distingue le persone in due categorie: chi ringrazia e chi non ringrazia, chi prende tutto come dovuto e chi accoglie tutto come dono e grazia.

«La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio.» «Per noi cristiani il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia. La parola greca, infatti, significa proprio questo: ringraziamento.» Così il cristiano, come ogni credente, ha molteplici motivi per ringraziare: anzitutto per il dono della vita, poi per l’amicizia e molti altri. «Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (CCC 2638).

«Questo “grazie” che dobbiamo dire continuamente, questo grazie che il cristiano condivide con tutti, si dilata nell’incontro con Gesù.» L’episodio dei dieci lebbrosi guariti ci suggerisce che «tutti erano felici per aver recuperato la salute, potendo così uscire da quella interminabile quarantena forzata che li escludeva dalla comunità. Ma tra loro ce n’è uno che a gioia aggiunge gioia: oltre alla guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato. Questo è il nocciolo: quando tu ringrazi, esprimi la certezza di essere amato.»

Quando diciamo ‘grazie’ a qualcuno, lo facciamo per comunicargli che ha fatto per noi qualcosa di gradito, un gesto gentile o una premura nei nostri riguardi. Questo lo facciamo spontaneamente verso gli uomini. Quanto più grande e sentito, pieno di riconoscenza e gratitudine dovrebbe essere verso il nostro Creatore, che ci sostiene costantemente col Suo Amore infinito?

Se prendiamo coscienza di questa verità, «Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là, no: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa “dimora” contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello. Siamo figli dell’amore, siamo fratelli dell’amore. Siamo uomini e donne di grazia.»

Non potremo che rallegrarci della nostra realtà, della quotidianità che viviamo tutti i giorni. Il pensiero dell’amore di Dio ci aprire il cuore alla gioia vera:

«Dunque, fratelli e sorelle, cerchiamo di stare sempre nella gioia dell’incontro con Gesù. Coltiviamo l’allegrezza. Invece il demonio, dopo averci illusi – con qualsiasi tentazione – ci lascia sempre tristi e soli. Se siamo in Cristo, nessun peccato e nessuna minaccia ci potranno mai impedire di continuare con letizia il cammino, insieme a tanti compagni di strada.»

Così, non preverrà più la tristezza e la noia nella nostra vita, ma la speranza: «Soprattutto, non tralasciamo di ringraziare: se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza. Il mondo ha bisogno di speranza e con la gratitudine, con questo atteggiamento di dire grazie, noi trasmettiamo un po’ di speranza.»

Papa Francesco termina il suo intervento con un riferimento a san Paolo: «La strada della felicità è quella che San Paolo ha descritto alla fine di una delle sue lettere: “Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito” (1 Ts 5,17-19). No spegnere lo Spirito, bel programma di vita! Non spegnere lo Spirito che abbiamo dentro ci porta alla gratitudine.»

La gratitudine nasce dallo Spirito dell’amore di Dio che abita in noi; questo Spirito, a sua volta, è alimentato dalla gratitudine. Se ci scordiamo di ringraziare è segno che lo Spirito di Dio, lo Spirito d’Amore, si è affievolito. Massima espressione del ringraziamento è il sacramento dell’Eucaristia, che può essere definito il “sacramento dell’Amore” (cf. Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 2007), l’agape comunionale fra Dio e la sua creatura, che lo ringrazia per il dono di Se Stesso e attraverso di esso. Nell’Eucaristia si esprime “la certezza di essere amato”: Dio che si fa pane ‘per noi’, per dirci che il desiderio profondo del Suo cuore è stare ‘con’ e ‘in’ noi per farci sua dimora, suo Tempio, perché siamo figli amati.

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