La libertà dei figli di Dio

Nel vocabolario Zingarelli alla parola ‘Libero’ troviamo scritto: «Che si può muovere a suo piacere, che ha facoltà di fare e non fare quello che vuole.» Tale definizione, che tecnicamente pare ineccepibile, non tiene però conto dei molteplici aspetti che l’essere libero porta con sé: relazione con le altre persone (anch’esse libere), relazione con le cose (non solo oggetti prodotti dall’ingegno umano ma anche col mondo creato), relazione con se stessi (corporeità e interiorità – quindi anche gli aspetti psicologi, autostima, gratificazione, rapporto bene e male, trascendenza, ecc-). Non tiene conto di tutto il mondo etico, morale e spirituale che formano l’essere stesso della persona. È posto l’accento soltanto sul poter “fare e non fare” tutto ciò che gli passa per la mente, guidato da un solo criterio: il “suo piacere”.

L’esperienza ci insegna che non tutti i comportamenti sono uguali e spesso portano a risultati e conseguenze molto differenti. I nostri pensieri, parole, azioni, creano e alimentano situazioni che vanno a incidere sulla nostra interiorità e nelle relazioni che abbiamo con gli altri. Così si possono creare condizioni che conducono a una pienezza di libertà e altre a limitare e condizionare, anche pesantemente, la “facoltà di fare e non fare quello che vuole” (si pensi alle sostanze stupefacenti: abbiamo la libertà di farne uso oppure no, ma se si crea una situazione di dipendenza da queste sostanze, la capacità di fare scelte pienamente libere viene molto compromessa).

«Quando pensiamo che la libertà consista nel poter fare indifferentemente il bene o il male, siamo in realtà schiavi del male.» Fausti Silvano, Liberi, San Paolo, 2014, p.10. «E così noi, invece di diventare intimamente e profondamente liberi, siamo diventati schiavi della libertà. Via via ci siamo liberati di tutto. Ci siamo liberati dei tabù e dei limiti, dei dubbi e dei turbamenti, delle regole morali. Ci siamo liberati, soprattutto, dell’idea antiquanta e opprimente dell’esistenza di Dio, con la certezza di essere ormai gli unici padroni del nostro destino. Purtroppo però la storia di questo tempo ci dice che non è così. Ci dice che il cielo vuoto non è stato riempito dalla grandezza dell’uomo, ma dalla sua follia, dal suo orgoglio, dalla sua sete sanguinaria. Questa libertà conquistata liberandosi da quelli che venivano ritenuti pesi, dimostra ora tutta la sua debolezza, la sua gratuità. Non ha condotto da nessuna parte, se non in un posto in cui le persone hanno perso il rispetto per sé stesse, per gli altri esseri umani e per tutto ciò che le circonda.» Tamaro Susanna, Verso casa, Ares, 1999, pp. 35-36.

Cos’è, dunque, la libertà? «È difficile definirla. La parola “libero” deriva dal latino e vuol dire “figlio”; i figli sono coloro che, a differenza degli schiavi e dei liberti, che sono stati liberati, vivono immersi in una relazione umana, quella con i loro genitori, a cui sono legati e in cui sono rispettati nella loro dignità. La libertà, di per sé, deriva quindi proprio dal concetto di “figlio”.» Fausti S., o.c., p.10

Il figlio, dunque, è colui che sta in casa come persona libera, e questa libertà deriva dal sentirsi amato dai genitori, quindi al sicuro, non in una situazione di pericolo perché «nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore» 1Gv 4,18. L’amore, alla base della relazione genitore-figlio, produce in quest’ultimo autostima e, di conseguenza, piena libertà di “fare e non fare” nel rispetto dell’affetto ricevuto. La risposta del figlio a tale amore si esterna nell’obbedienza, che non è mero agire in passività, ma reazione attiva di riconoscenza a ciò che riceve. È in questo mutuo scambio d’amore che si sperimenta la vera libertà: generata dall’essere figli amati, è ricambiata con atti concreti, interiori ed esteriori, di affetto sincero.

«Obbedire è in fondo un atto di libertà in cui riconosciamo che il bene nostro e di tutti passa attraverso una relazione profonda e responsabile con la nostra stessa vita, con quella degli altri e del mondo, con Colui che ci ha creati e ci ama così tanto da non volere la nostra morte. Obbedire è coinvolgersi e lasciarsi coinvolgere liberamente in questa storia d’amore, riconoscendone il dono prezioso.» Moroni Marco, L’obbedienza… salva la vita, in «San Francesco», 1 (2021), p.7.

Già sant’Agostino diceva, in una sua frase divenuta celebre: «Ama e fa’ ciò che vuoi».

«La libertà è quella di essere figli e fratelli, e i fratelli sono coloro che si amano con lo stesso amore del Padre. Questa è la vera libertà da circa duemila anni.» «La libertà è l’essenza stessa del cristianesimo.» Fausti S., o.c., pp. 12, 16.

San Francesco aveva sperimentato quest’amore liberante del Padre. Così ne scrive il beato Tommaso da Celano, biografo del santo d’Assisi, nella Vita Prima:

«E finalmente chiamava tutte le creature con il nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio. E ora in cielo, o buon Gesù, ti loda con gli angeli colui che sulla terra ti predicava degno di amore a tutte le creature.» Fonti Francescane, n. 461.

Veramente libero è chi ama perché ha conosciuto Dio (cf. 1Gv 4,7-9).

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