Le beatitudini sono un’apparente contraddizione evangelica. I capitoli di Matteo 5-7 contengono le parole che Gesù pronuncia, salito sul monte e circondato da una grande folla. Sono il primo dei cinque grandi discorsi che la narrazione matteana contiene, in evidente parallelo con i cinque libri della Legge mosaica. E propio come Mosè salito sul monte ricevette le dieci parole da Dio, scritte su tavole di pietra, così Gesù, nuovo Mosè offre a chi voglia essere suo discepolo una legge nuova. Più volte in questi capitoli ritornano le parole: «vi è stato detto … ma io vi dico». L’inizio di questo grande discorso sono le cosiddette beatitudini. Che si ritrovano non solo in Luca con qualche differenza (cf Lc 6), ma se ne trovano anche sparse qua e là lungo la narrazione evangelica (p. es. cf Lc 11,27-28).
Venendo al testo di questa domenica, le beatitudini si possono contare in diverso modo. Una tradizione antica considerava le prime sette, mettendole in parallelo con i sette doni dello Spirito santo o le richieste del Padre nostro. Si tratta di un’interpretazione allegorica, che gioca sul simbolismo numerico. Più esattamente, dovremmo contarne otto, fermandosi al testo alla terza persona plurale o nove, considerando l’appello che Gesù rivolge ai discepoli futuri. In ogni caso si tratta di realtà che non sono immediatamente desiderabili da un punto di vista umano. E paradossalmente la beatitudine promessa non riguarda solo il futuro, ma Gesù afferma una beatitudine nell’oggi. Chi vive nelle dimensioni indicate è beato, fin d’ora, di una beatitudine che appare come unica … ma qual è allora questa beatitudine?
La beatitudine vera, singolare, che si vive insieme alla dedizione negli atteggiamenti proposti da Gesù, è la sua compagnia. Perché Gesù è il vero povero, mite, misericordioso, assetato di giustiza, operatore di pace … perseguitato per la sua totale dedizione al Regno di Dio. E chiunque vive nel modo da lui indicato è beato perché gode della sua compagnia, lo trova accanta a sé come compagno di viaggio, di cui condividere il cammino. Vivere in questa consapevolezza di fede accende una luce sulla nostra esistenza, qualunque sia il momento che stiamo vivendo: siamo beati perché con Lui, perché insieme a Lui, attraverso la partecipazione al mistero della sua morte e risurrezione, camminiamo verso un’abbondanza di vita definitiva.