In questo giorno dell’Epifania vogliamo sorridere un poco, ripercorrendo come sono cresciuti questi magi di cui parla il Vangelo della festa.

Il testo di Matteo dice semplicemente che «vennero i magi dall’oriente» (Mt 2,1). La tradizione cristiana, però, non si è accontentata di questa semplice indicazione ed è andata a precisare sempre più queste figure, secondo un ordine che vogliamo ripercorre con un sorriso. Di per sé con la parola «mago» si indicava un sapiente, collocato nell’ambiente persiano, detentore di un’arte di guarigione. Matteo non vuole indicare nulla di più se non personaggi di una sapienza umana.

Dal II secolo il loro numero è precisato in tre (forse Origene è il primo a dirlo), per via dei tre doni. Tra l’altro nella Bibbia queste realtà preziose non sono mai elencate insieme: Mt 2,11 è l’unica volta in cui sono presenti tutti e tre. Solo in Siria il numero dei magi è di dodici, come gli apostoli.

Da semplici magi sono detti anche re dagli inizi del VI secolo (così Cesario di Arles), legandoli al rito della corona d’oro che un re sottomesso deponeva ai piedi del nuovo re.

Sempre nel VI secolo compaiono i loro nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, come sono già scritti nel mosaico dell’adorazione dei magi nella chiesa di sant’Apollinare nuovo a Ravenna.

Dal secolo VIII sono visti provenire dai tre continenti (Africa, Asia ed Europa), quali discendenti dei tre figli di Noè (Sem, Cam e Iafet). Così da Beda il venerabile.

Di conseguenza, dal XII in letteratura prima (Elisabetta di Schönau), nelle rappresentazioni artistiche poi, uno dei tre appare di colore, poi propriamente nero.

Come segno di una devozione popolare diffusa, le loro reliquie erano conservate a Milano, ma in seguito alla rivolta della città contro l’imperatore Federico Barbarossa, per punizione, questi le strappò al comune e le portò in Germania, dove sono ancora conservate nel duomo di Colonia.

La storia mostra questo crescente abbellimento del testo evangelico, segno di una dimensione della fede che non possiamo trascurare. La nostra adorazione chiede anche affetti e sentimenti. La fede che nasce dall’ascolto deve raggiungere il cuore e in questo modo può diffondersi in tutta la persona. Purché Cristo rimanga sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre. Il valore evangelico non può essere perduto attraverso la devozione: la sapeinza umana si china davanti alla Sapienza di Dio. Come il Vangelo testimonia, un giorno Gesù esultò nello Spirito e benedisse il Padre perché ha rivelato Sé stesso ai piccoli e semplici, nascondendosi ai sapienti: a questi anawim il Figlio lo rivela e lo fa conoscere.

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