Provare per credere

Un altro episodio che caratterizza il percorso spirituale e vocazionale di san Francesco è narrato nella Leggenda maggiore di san Bonaventura (FF 1037): il giovane compie un pellegrinaggio a Roma, dove

«si recò a visitare, con religiosa devozione, la tomba dell’apostolo Pietro. Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine dei mendicanti davanti alle porte di quella chiesa, spinto da una soave compassione e, insieme, allettato dall’amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro e, ricoperto degli stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri, con insolita gioia di spirito.»

L’episodio si trova anche nella Vita seconda di Tommaso da Celano (FF 589) e nella Leggenda dei tre Compagni (FF 1406), con ulteriori dettagli.

Francesco non si accontenta di vedere i poveri e fare loro l’elemosina, ma vuole sperimentare sulla sua pelle cosa vuol dire ‘essere povero’: provare la vergogna dello stendere la mano per chiedere aiuto; vestire abiti strappati e sudici ed essere forse guardato dai passanti con disgusto, paura, insofferenza, indifferenza; essere additato, giudicato, deriso, insultato; vedere negli sguardi degli altri uomini il disprezzo per la sua persona; sperimentare l’effetto del rifiuto derivante dal non amore, dalle ingiustizie causate dall’apparire a discapito dell’essere; essere riconosciuto non come fratello, perché figli di uno stesso Padre, ma nemico da cui guardarsi. Francesco ha voluto sperimentare tutto questo perché certe situazioni finché non si vivono in prima persona non si possono comprendere pienamente, non si può amare fino in fondo il fratello che le vive.

Così Cristo, «il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» Fil 2,6-7, per condividere a pieno la nostra esistenza, «infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.» Eb 2,18

Francesco ha voluto seguire le stesse orme di Cristo, per sperimentare ciò che Egli ha vissuto, la sua umiltà e mitezza, la sua kènosis (abbassamento, svuotamento), per assomigliargli e arrivare ad avere i suoi stessi sentimenti.

Sperimentare la ‘minorità’ per giungere a vivere la ‘fraternità universale’: Francesco ci è riuscito mettendo sempre al centro della sua esistenza Cristo, incontrato non solo nel suo cuore ma anche nei fratelli bisognosi, vestendo i loro panni, mangiando il loro cibo, condividendo con essi un pezzo del loro cammino. In tutto questo sperimentava una “insolita gioia di spirito”, era felice.

I primi due discepoli di Gesù, secondo il racconto giovanneo, gli chiesero dove abitasse, egli rispose: «“Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui» Gv 1,39. Anche per i Dodici Apostoli fu così: «Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare.» Mc 3,14-15 L’incontro con Gesù genera sempre una condivisione di vita (con Dio e tra i fratelli), desiderio di restare in Sua compagnia

Francesco, sperimentata la gioia dello stare con lo Sposo Divino e la beatitudine che scaturisce dal vivere una vita evangelica, esclamerà esultante: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!» FF 356, perché «ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo.» Testamento.

Provare per credere!

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