Senz’occhi e senza volto

Adamo con le mani, sinistra sopra la destra, si copre il volto; il pollice destro impedisce che si scorga l’unico occhio che di per sé sarebbe visibile, nella postura datagli da Masaccio. Le palme non aderiscono al volto e si riesce a vedere metà della bocca aperta, da cui esce un lamento sottolineato dal mento reso aguzzo dalla barba appuntita. Cammina necessitato, costretto, senza opporre resistenza, non sapendo se non da dove esce e cosa lascia, per andare incontro al dolore, alla fatica, all’incertezza, alla solitudine esistenziale. È giovane, ma non giovanissimo; fisicamente non brutto e, tuttavia, né elegante né espressione del canone di Policleto: potrebbe quasi sembrare che avverta una sorta di pesantezza della gamba destra, quella in movimento, mentre il suo incedere è curvo e il ventre incavato.

Camminano affiancati, ma Eva è un’altra solitudine e un altro dolore. La figura di Adamo, in primo piano, neppure la sfiora: i riccioli impastati e la fronte di lui si collocano prospetticamente all’altezza della nuca di Eva, in modo che i capelli lunghi e sciolti di lei non si possono vedere scendere lungo la schiena; l’avambraccio sinistro, alzato per coprire ulteriormente il volto di lui, limita parzialmente il profilo del braccio destro di lei e la gamba sinistra di Adamo copre il calcagno e parzialmente la gamba sinistra di Eva.

Ci sono suggestive simmetrie e asimmetrie: le gambe al centro della composizione, ad esempio, sono quelle ferme, mentre stanno avanzando quelle esterne; il volto di Eva è un po’ reclinato all’indietro e pienamente visibile, con la bocca aperta specialmente per il ritrarsi del labbro superiore: di quello di Adamo si diceva un po’ sopra.

E gli occhi! Gli occhi di Eva ci sono e quasi non si vedono per il rigonfio calante e obliquo delle palpebre; il naso appuntito è l’unico impedimento perché le sopracciglia arrivino a toccarsi: i tre elementi vanno come a formare la punta di una freccia e dà l’impressione che sia proprio lei, opposta com’è alla direzione del movimento, a tirarsi dietro il labbro superiore, suscitando, insieme all’incedere quasi cascante di Eva, lo spasimo di un dolore che rinuncia ad ogni, sia pur timido, tentativo di celarsi dietro la veste, a volte ipocrita, di un qualche contegnoso riserbo o decoro.

*   *   *   *   *

Io l’ho visto quel dolore scomposto, senza ritegno, di chi si sente molto male fisicamente o sta somatizzando la sopraffazione della disperazione: ed è sempre terribilmente, inevitabilmente solo.

La coppia primigenia: adulti con l’ombelico come in molta parte delle raffigurazioni, eppure senza infanzia; che non conoscono le cure parentali, che però dovranno sapere esercitare verso Caino, Abele, Set e tutti gli altri figli nati nei novecentotrenta anni di vita di Adamo; propagatori di vita e di dolore, di futuro e di morte; progenitori di solitudini egoiste e scontrose, ma anche di aperture dialoganti, socievoli e generose: sintesi enarmonica di tutte le contraddizioni esistenti e immaginabili.

Masaccio li ha colti in un momento che compendia la parte tragica della vita: quella segnata dal dolore in generale e più intensamente dal dolore colpevole. L’ambiente dello stato preternaturale originario, neppure vagamente accennato, rimane dietro lo scorcio di una porta senza battenti, a completa disposizione della fantasia dello spettatore. L’assoluta mancanza di elementi paesaggistici crea un senso di deserto col sole in faccia agli espulsi: Eva è uscita un po’ prima, Adamo le viene subito accanto e un po’ più indietro, col piede destro appena non completamente fuori dell’Eden; ciò permette di riandare con il ricordo alla dinamica della disobbedienza, che ha visto in Eva il primo cedimento alla tentazione e la prima vittima del serpente. Tra i castighi che si abbatteranno sulla donna ci sarà anche il suo “istinto verso il marito”: dopo però, ora domina incontrastato solo il drammatico presente. Una coppia primigenia ed eterna, destinata a procreare e, perciò, a durare “finché non si spenga la Luna (1)”: senza volto o senz’occhi delineati con intento assolutamente estraneo ad una qualsiasi ricerca di precisione ritrattistica, in quanto icona assoluta dell’uomo e della donna nella loro complementare e dialettica dimensione, non unica, però più intima e connaturale.

(continua)

Note

 (1) Salmo 72,7.

Come dire la Pasqua

Come dire la Pasqua? Nei paesi dell’oriente cris6ano, da questa notte chiunque s’incontri per la strada si scambia un saluto che è soprattutto un annuncio

Leggi »