Un incontro a quattro (Lc 1,39-45): IV Avvento – C

L’incontro tra Maria ed Elisabetta costituisce una cerniera fra le tradizioni su Gesù e Giovanni il battezzatore, tradizioni che l’evangelista Luca mette in parallelo all’inizio della sua narrazione. Dapprima, sono le due donne ad essere messe in risalto, attraverso il reciproco riconoscimento della loro maternità. Il discorso, poi, ricade sui figli portati in grembo, in modo tale da porre Gesù al centro dell’attenzione. E così Gesù si manifesta, misteriosamente, con la sua pura presenza, colui per il quale agiscono gli altri personaggi della scena.

La prima scena esprime l’atteggiamento di fede operosa da parte di Maria, che si mette in cammino non appena ricevuto l’annuncio da parte dell’angelo. Il termine usato da Luca (camminare / poreuomai) ha valore teologico: esprime la volontà di seguire il piano di Dio (cf per lo stesso Gesù la decisione che prenderà di mettersi in viaggio verso Gerusalemme, Lc 9,51). Anche l’immediatezza con cui Maria procede ne mostra l’obbedienza. È costante negli uomini della Bibbia «mettersi in cammino» non appena la voce di Dio si fa sentire. Anche i primi discepoli lasceranno subito le reti all’invito di Gesù.

La seconda scena mostra il reciproco saluto fra le donne. Nell’antichità salutarsi non è una formalità cerimoniosa, ma un vero e proprio augurio performativo di benessere: la parola augurale realizza quanto comunica. Una prima conseguenza di questo scambio di auguri è il salto di gioia che Giovanni compie nel grembo di Elisabetta. Interpretato in vario modo dalla tradizione ecclesiale, persino pensando a un battesimo ricevuto allora, il valore dell’avvenimento è chiaramente profetico: Giovanni, fino dal grembo materno, esercita la sua chiamata ad essere profeta e precursore.

Tutta la narrazione non è forse un’indicazione per la nostra vocazione ad essere profeti? Siamo illuminati su cosa voglia dire essere profeti in un cammino verso l’incontro con il mistero di Dio. È la consapevolezza di riconoscere la presenza nascosta del Signore nei risvolti della vita del mondo. È l’apertura del cuore a lasciarsi toccare dalla sua presenza. È il dono di poter mostrare il senso, il valore delle cose (andando oltre il loro mero funzionamento). Di conseguenza, ne scaturisce una gioia serena e intima, capace, al tempo stesso, di farci agire in favore del Regno … andando incontro al Signore che viene, con opere che sanno di buono e di bello, come un pane caldo appena sfornato.

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