Un tuffo nella sorgente … del carisma missionario

Ogni persona, come ogni nazione o popolo, riceve una missione da Dio. Tutti dipendono da Lui, tutti misteriosamente sono al servizio del suo progetto di salvezza, come ebbe a scrivere l’arcivescovo di Tour il 19 Novembre del 1866: «Ogni nazione compie in terra la missione assegnatale dalla provvidenza». E qualora questa nazione ripudi la sua missione è destinata a scomparire! Anche a noi Cappuccini Dio ha affidato, suscitando il nostro specifico carisma, una missione nella costruzione del Regno di Dio. È necessario ripercorrere il cammino delle origini per recuperare la seduzione del carisma, bere di nuovo l’acqua cristallina e il vino dell’ebbrezza delle origini.

N.B. Le citazioni che seguono sono prese dal volume che narra le origini dell’ordine e delle sue missioni e si mantiene volutamente lo stile oratorio dell’epoca.

Per comprendere gli inizi delle nostre missioni, occorre conoscere la realtà sociale, politica ed ecclesiale del secolo XVI. Nella visione simbolica di allora, al centro c’era la Chiesa cattolica (la Sposa dell’Agnello), da custodire compatta intorno al papa, che all’epoca vorrebbe essere simbolo di unità autorevole per tutto l’orbe; Roma è considerata «patria delle nazioni, capitale dell’universo». Sorti nel 1529, noi cappuccini ci siamo imbevuti di questa visione ecclesiale, ma, con grande equilibrio, abbiamo speso i primi 25 anni della nostra vita per irrobustire l’ideale del discepolato radicale di Cristo, sull’esempio di Francesco d’Assisi. Così, ci siamo fatte le ossa dello spirito, ci siamo preparati per una testimonianza «esteriore più vigorosa e robusta» (p.21), forgiata nel fuoco del Cenacolo dello Spirito, che è sempre «un’azione faticosa e sublime» (p. 22). Solo lo Spirito Santo è capace di dare equilibrio al mondo, attraverso la sua azione nella preghiera e nell’apostolato di chi lo accoglie. La nostra riforma cappuccina, volendo vivere la vita eremitica secondo la Regola, «importava due cose: solitudine e società, frateria e monachesimo; un misto insomma di attivo e di contemplativo» (p.24), per essere fedeli a Cristo e a Francesco in vita mista, che univa orazione sul monte e apostolato in mezzo al popolo. I frati nostri vollero vivere la carità di Cristo e mossi dallo Spirito si fecero tutto a tutti, senza distinzione di classe, di religione e come scrisse Manzoni «a tutto era avvezzo un cappuccino…a comporre dissidi e proteggere oppressi, assistere ai moribondi e predicare» (p.25-27) perché a dirla in breve il cappuccino è il frate del popolo, un frate intriso di preghiera, di compassione e di povertà, per dire e dare Cristo Gesù.

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