Tempo di Dio e tempo degli uomini (II di Avvento, C)

Tempo di Dio e tempo degli uomini. Cosa sia il tempo è un interrogativo che ha stimolato pensatori dall’antichità sino ai fisici contemporanei. Agostino riconosce che pensiamo di saperlo, ma appena cerchiamo di spiegarlo restiamo in imbarazzo. Possiamo leggermente cambiare la prospettiva e pensare alla misura del tempo: ore, giorni, anni, la storia intera. Qui siamo in un terreno più solido, come fa l’evangelista Luca, collocando la storia di Gesù in un preciso contesto storico, misurato attraverso la presenza delle persone che contano, quelle che restano scritte nei libri, a prescindere dalla bontà delle loro imprese. Da Tiberio a Ponzio Pilato, ai sacerdoti Caifa ed Anna si delinea una realtà umana all’interno della quale accade qualcosa che non era previsto, che rimane nascosto agli occhi degli uomini, che un uomo accoglie nell’intimo della sua coscienza: la Parola di Dio chiama Giovanni, ne trasforma l’esistenza in una missione. Non c’è un intervento divino al di fuori del mondo, non avviene un fatto prodigioso, ma qualcosa di più forte ancora: l’accoglienza di Giovanni, nei confronti della Parola e della missione che avverte gli è stata affidata, trasforma quel segmento di storia umana nella storia di un incontro con Dio. Il tempo degli uomini è diventato tempo di Dio.

Luca rilegge quell’avvenimento riferendosi ad una profezia di Isaia, profezia che il popolo conosceva bene, ma che lui trasferisce su un altro piano. I particolari del testo biblico, sottoposti all’acribia degli esegeti, rischiano di essere un puro esercizio accademico. Ma a volte nascondono un significato importante. Nella versione greca citata da Luca, il testo di Isaia di per sé suonerebbe così: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i sentieri di Dio», alludendo alla venuta futura del Dio d’Israele, l’unico Signore, in sostegno e aiuto del suo popolo. Nel linguaggio di Luca, invece, la parola «Signore» è sempre riferita a Gesù, sia prima che dopo la resurrezione. Per questo motivo, trasforma la seconda parte del versetto sostituendo la parola «Dio» con un pronome: i sentieri da raddrizzare sono i «suoi», cioè di Gesù, il Signore che sta per venire incontro al suo popolo.

Così, continuando fino in fondo la citazione di Isaia Luca giunge alla frase finale: «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio», che non è altro che Gesù. È lui la salvezza di Dio offerta ad ogni uomo. Inoltre, nel linguaggio dei semiti «vedere» vuol dire «prendere parte». Tutto si apre ad una prospettiva radicalmente nuova: la salvezza di Dio non è altro che prendere parte alla vita di Gesù, alle sue parole, ai suoi gesti, alla sua donazione d’amore. Anche per noi, dunque, si aprono strade e sentieri per realizzare quanto accaduto a Giovanni: trasformare, senza rinnegarlo, il tempo degli uomini in tempo di Dio.

Il segreto di una vita donata fino in fondo è proprio in questa prospettiva di fede. Anche nelle realtà tragiche come l’anniversario di cui stiamo facendo memoria. Luciano e gli altri hanno visto la salvezza di Dio. Ne sono stati pienamente partecipi durante la loro vita celebrando l’eucaristia, meditando e annunciando la Parola, offrendo al prossimo la testimonianza bella della loro fede vissuta. Il tempo di Dio non è un altro tempo rispetto al tempo degli uomini. È lo stesso tempo ma trasformato dalla novità del Vangelo. E se in questo mese noi frati cappuccini abbiamo voluto ricordare in modo particolare Luciano, Corrado e Silverio è stato nella consapevolezza di una vocazione ricevuta che ancora oggi ci interpella. Che interpella ciascuno di noi per aiutarci insieme a rendere trasparente la visione della salvezza di Dio.

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