Esilio di Dante: Guelfi e Ghibellini

WILLIAM BLAKE(1)Bertram del Bornio e Mosca de’ Lamberti

​​​… gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca,
​​​       che disse, lasso!, “Capo ha cosa fatta”,
​​​       che fu mal seme per la gente tosca». (2)

​Prima di abbandonare queste pagine, – fatte essenzialmente di notizie storiche, e anche per avere in seguito la concreta possibilità di stare al tema e al suo poetico sviluppo, tra malinconia, amarezza, speranza e perdono -, vogliamo trattenerci un attimo, o un po’ di più,  sul citato scontro tra Amidei e Buondelmonti. Infine, in un altro successivo articolo prenderemo in considerazione l’Epistula XII dello stesso Dante.

​Nel gennaio 1215, Mazzingo Tegrimi de’ Mazzinghi fece una gran festa a Campi per la sua nomina a cavaliere. Tra gli invitati c’erano Buondelmonte dei BuondelmontiUberto degli Infangati e Oddo Arrighi de’ Fifanti. Uno scherzo birbone li coinvolse tutti e tre, fra parole grosse (Uberto a Oddo: Tu menti per la gola!), vassoi in faccia e aggressioni. Sul momento la rissa finì che Oddo si prese una coltellata a un braccio da Buondelmonte, ma non poteva non esserci un seguito che mettesse un rimedio all’onore di entrambe le parti; così il feritore accettò, con tanto di penale a garanzia, di sposare Reparata, una nipote di Oddo per parte di sorella, figlia di Lambertuccio Amidei.

​Fra che la giovane Amidei non doveva essere proprio bellissima e, in più, con l’intromissione di Gualdrada Donati, il 10 febbraio, – o quale giorno fosse di quell’anno -, Reparata rimase sola ad aspettare all’altare di Santo Stefano al Ponte, mentre il Buondelmonte si impegnava a sposare Beatrice, figliola di Gualdrada, facendo fronte, quest’ultima, anche al pagamento della penale. A questo punto entrano in lizza gli Amidei a volere vendetta per l’oltraggio alla sconsolata Reparata: poco più di due mesi dopo il fattaccio, il 19 aprile, giorno di Pasqua, quando si doveva celebrare il matrimonio con Beatrice, seguendo il consiglio di Mosca dei Lamberti (Cosa fatta capo ha!), sotto la torre degli Amidei il futuro sposo fu prima violentemente disarcionato con la mazza e poi finito da Oddo con una coltellata.

​Firenze si spaccò: la discordia tra fazioni, – divenuta alcuni anni dopo lotta tra guelfi (tra i quali i Donati, che diventeranno poi guelfi neri, e i Buondelmonti) e ghibellini (partito dichiaratamente antipapale e a favore degli Hohenstaufen; tra le famiglie già citate si contavano: i Fifanti, gl’Infangati, gli Amidei e i Lamberti) -, portò sangue e distruzione e sottolineò uno dei periodi più difficili della città del giglio.

​Nel 1289, – Dante aveva ventiquattr’anni -, con la battaglia di Campaldino i ghibellini escono di scena e si auspicava un periodo di pace per la città di Firenze. Successe però che le rivalità, prima a livello semplicemente personale e poi familiare, si estesero gradualmente a tutta la città, dando vita a una nuova divisione, quella fra guelfi bianchi e neri(3), capitanati rispettivamente dalle famiglie dei Cerchi e dei Donati.

​Dopo diversi screzi e incidenti, l’inizio della lotta armata vera e propria si ebbe a causa di una zuffa tra giovani esponenti delle due casate. Il 1º maggio (Calendimaggio) del 1300, nacque una baruffa tra i componenti delle due famiglie in piazza Santa Trinita. Durante la lotta armata Ricoverino de’ Cerchi ebbe il naso tagliato via da un donatesco. Questo fu il primo fatto di sangue dello scontro. «Il quale colpo fu la distruzione della nostra città, perché crebbe molto odio tra i cittadini» (Dino Compagni, Cronica, Libro 1, XXII). (continua)

Note
(1) WILLIAM BLAKE (n. 28 novembre 1757 – m. 12 agosto 1827):poeta, pittore e incisore. Rinnovatore della tradizionale illustrazione, con le sue figure allungate e con il suo particolare senso della pagina, nella quale l’illustrazione accompagna, orna e quasi penetra il testo.
(2) DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Inferno, XXVIII, 106-108.
(3) «Queste due parti, Neri e Bianchi, nacquono d’una famiglia che si chiamava Cancellieri, che si divise: per che alcuni congiunti si chiamarono Bianchi, gli altri Neri; e così fu divisa tutta la città (Pistoia)» (Dino CompagniCronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, Libro I, 25).
​Era nata infatti una lite tra i figli di primo e secondo letto di un tal Cancellieri, definiti, rispettivamente, «bianchi» e «neri» con riferimento al colore dei capelli, essendo quelli di primo letto più anziani.

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