PAX TIBI, MARCE, EVANGELISTA MEUS(1)

                        Come sono belli sui monti
                        i piedi del messaggero che annuncia la pace,
                        del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,… (Is 52,7)
Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! (Rm 10,15)

            Un altro problema ancora, che si presta ad essere aggirato adottando una traduzione strettamente letterale: è il caso dell’incipit del Vangelo di Marco. Leggiamo:
            Mc 1 1Ἀρχὴ τοῦ εὐαγγελίου Ἰησοῦ [χριστοῦ υἱοῦ (τοῦ) θεοῦ](2).
            Initium evangelii Jesu Christi Filii Dei.
            Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.

            Qui sopra abbiamo riportato Mc 1,1 nel testo greco, mettendo tra parentesi le aggiunte contenute in alcuni codici; nel testo latino, il quale accetta la forma più lunga e rimane invariato nelle due successive edizioni tipiche, la Clementina e la Neovulgata; infine, quello delle traduzioni CEI (1974 e 2008), che si conformano, esse pure e invariantemente, alla vulgata latina. Il problema è e resta quello di partenza: se il secondo genitivo, “di Gesù Cristo”, si debba prendere come soggettivo oppure con valore oggettivo. Nel primo caso “Gesù Cristo, Figlio di Dio” viene ad essere l’autore del lieto messaggio, il Vangelo appunto; nel secondo caso “Gesù Cristo, Figlio di Dio” è la felice notizia che costituisce il contenuto dell’opera dell’evangelista. Se con una traduzione letterale, come dicevamo, si aggira il problema, la catechesi non potrà fare a meno di prenderlo in considerazione e di provare almeno a delucidarlo.

            La Bibbia interconfessionale adotta un approccio un po’ diverso, che allarga il testo, esplicitando il significato del termine Vangelo, (inserendo anche una congiunzione tra “Cristo” e “Figlio” ed evidenziando così la duplice natura della Persona di Gesù); scrive infatti:
            “Questo è l’inizio del Vangelo, il lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e il Figlio di Dio”.

            Questa traduzione un po’ più libera permette di intendere “Vangelo” nel senso originario della parola, e non tanto, come poi è accaduto, come denominazione di un documento scritto. Volendo semplificare, si potrebbe dire, senza alterazioni:
            “Questo è l’inizio del lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e il Figlio di Dio.”,
e l’interpretazione – se, cioè, si tratti di un genitivo d’autore oppure relativo all’argomento –, rimane ancora una volta tutta a carico del lettore.

            Senza voler essere in nessun modo irrispettosi, ma solo per dare un po’ di sbarazzina scioltezza a questo nostro periodare un po’ inevitabilmente pesante di natura sua, facciamo due banali esempi. Se fosse scritto:
            “Questo è l’inizio del tema di Pierino, che è il figliolo della bottegaia all’angolo di via…”,
va da sé che Pierino è l’autore del componimento; se invece si dicesse:
            “Questo è l’inizio della storia di Pierino, che incontra il lupo nel bosco”,
tutti capiscono che Pierino è l’oggetto della novella.

            Qui abbiamo invece il caso, davvero speciale, in cui Annuncio e Annunciante si identificano, (specialmente e particolarmente nell’ottica della teologia giovannea); tuttavia non è ragionevole attribuire a Marco la deliberata intenzione di concepire un esordio volutamente ambivalente.

            Non resta dunque che cercare il senso da dare a questo inizio attraverso motivazioni intrinseche alla narrazione marciana stessa: la quale, appena scorsa un po’, ci si accorge che vede Gesù come il soggetto che proclama l’avvento del Regno e la remissione dei peccati, che dona la salute agli infermi e compie la redenzione offrendo la sua propria vita. Su queste basi ci pare di poter concludere che la lettura più probabile sia:
“Questo è l’inizio del Vangelo,
il lieto messaggio annunciato da Gesù,
che è il Cristo e il Figlio di Dio”.

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Note
(1) «Pace a te, Marco, mio evangelista». – Parole che, secondo una leggenda, un angelo apparso in sogno a s. Marco, sbarcato in un’isola della laguna veneta, avrebbe pronunciato, quasi a significare che tra la popolazione veneta il santo avrebbe trovato riposo, venerazione e onore.
(2) Traslitterato: Archḕ toû eyangelíou Iēsoû christoû hyioû toû theoû; pronunciato: Archì t û evangelíu Iisû christû hiiû tû theû.

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