Il seme che cresce (Mc 4,26-34)

Domenica XI del tempo ordinario, anno B

Il Vangelo di oggi presenta due parabole molto simili nella loro struttura (Mc 4,26-34). Il discorso di Gesù prosegue sulla linea della grande parabola del seminatore, che all’immagine fondamentale unisce anche una spiegazione allegorica riservata ai discepoli (cf Mc 4,1-20). Il significato allegorico non compare in queste due parabole che si contrappongono alla prima per un aspetto interessante. Tutte le tre parabole fanno riferimento alla Parola attraverso la quale si costruisce il Regno di Dio. Tuttavia, mentre la parabola del seminatore pone l’accento sull’accoglienza che deve essere riservata alla Parola, le altre due parabole più piccole insistono sulla dimensione della forza intrinseca della Parola, del valore della sua gratuità, a prescindere dalla risposta dell’uomo.

In qualche modo affratellate dalla differenza nei confronti della prima parabola, queste due piccole parabole hanno altri aspetti in comune: un’introduzione letteraria mette in risalto la loro relazione con il Regno di Dio; parlano di una semina che dà inizio ad una crescita quasi inarrestabile; contengono riferimenti alle precedenti scritture profetiche. Inoltre, hanno una tensione letteraria interna, la prima sulla crescita nascosta alla comprensione dell’uomo, la seconda sul risultato inatteso della stessa crescita. Si potrebbe, infine, notare una certa inclusione, molto allusiva ma stimolante. All’inizio della prima parabola, gli uccello sono figura di un attacco violento alla Parola (Mc 4,4); nell’allegoria sono persino identificati con Satana (4,15). Nella conclusione della terza parabola gli uccelli godono della crescita della Parola, appaiono entrare a far parte della gioia del Regno (Mc 4,32). Riferimento stiracchiato? Oppure inclusione all’ombra di una storia della salvezza nella quale si prospetta la speranza del coinvolgimento dell’umanità intera?

Certamente l’annuncio rivolto a tutti, chiede ai discepoli un discernimento singolare, secondo la logica del Regno, che si presenta secondo le due categorie accennate: l’assoluta gratuità della proposta, l’orizzonte senza limiti dei suoi confini. Al messaggio kerigmatico delle parabole si può unire un compimento esistenziale, seguendo il pensiero di Gregorio magno in un’omelia sul libro del profeta Ezechiele. Riferendosi alla parabola del seme gettato nel terreno, Gregorio paragona le fasi della sua crescita all’azione morale dell’uomo: «Quando noi concepiamo buoni desideri, gettiamo in terra una semente. Quando ci mettiamo a fare il bene, siamo erba. Quando progrediamo, con la crescita dell’opera buona, diventiamo spiga. Quando siamo ben determinati, per un’opera perfetta, ecco che presentiamo il grano nella turgida spiga. … Perciò, se si vede un uomo che tende verso l’ideale con l’anima ancora debole virgola non lo si disprezzi, mai, perché il grano di Dio comincia con l’essere erba per diventare chicco maturo» [Gregorio magno, Homiliæ in Ezechielem II, 3,5-6].

Un momento di silenzio davanti a questa parola può essere l’occasione per riflettere sulla nostra speranza nei confronti della misteriosa azione dello Spirito e sulla fermezza nelle nostre decisioni verso il bene che Dio ci invita a portare a compimento.

Come dire la Pasqua

Come dire la Pasqua? Nei paesi dell’oriente cris6ano, da questa notte chiunque s’incontri per la strada si scambia un saluto che è soprattutto un annuncio

Leggi »