Nasce dalla memoria e la trasfigura; se deve, rimuove; se può, spera ed esalta: il sogno.

            La trama di Madama Butterfly è meritamente nota e qui la diamo per sicuramente conosciuta, Il più che celebre coro a bocca chiusa consta di cinquanta battute in sib maggiore, con alcuni cambi di tonalità più o meno di passaggio: è il numero 90 nell’elenco dei numeri musicali di quest’opera pucciniana. A proposito di tonalità, forse il cambio più vibrante si ha alla ventisettesima battuta, quando il sib sopra il rigo passa, per sette battute consecutive, da tonica a dominante di mib maggiore. Il prima e il poi di questo passaggio suggerisce una dolce e languida memoria, mentre quelle sette battute, quasi centrali, sembrano esprimere un sogno vigoroso e un desiderio ardito. Tre note in ascesa, fa la sib, tre volte ripetute nella partitura, paiono essere come la base melodica su cui si costruirà tutta l’architettura del brano, mentre le tre note do sib do determinano una sospensione, che rimanda naturalmente alla conclusione sib la sib, ma che potrebbe anche rimanere vagamente indeterminata per aria, come nella quarta battuta del numero 43, sempre della medesima opera. Il testo della fine del numero 42 e dell’inizio del numero 43 è riportato a piè dell’articolo con una indicativa notazione musicale:

            Con lo spartito sotto mano è immediato accorgersi come il dialogo, a partire dal numero 42, – di cui l’ultima parte, l’abbiamo detto, è sotto riportata -, e fino a tutto il numero 44, è un’anticipazione del successivo coro a bocca chiusa, con cui si chiude il secondo Atto.

            Il console Sharpless ha il delicato e ingrato compito di leggere una lettera, che vorrebbe essere l’addio per sempre del “vile” Pinkerton a Cho Cho-San; il console conosce già quanto dovrà leggere e sa che la comoda illusione che Butterfly si sia dimenticata dello scrivente, in modo da chiudere facilmente e alla svelta la partita, è tutt’altro che corrispondente alla realtà. Quando legge le parole “E forse Butterfly… (pausa: per riprendere fiato e trovare il coraggio di seguitare) non mi rammenta più” il baritono conclude l’inciso sulle tre note fa la sib, che possono suggerire un tentativo di dominare la sua spontanea emozione, dovuta alla consapevolezza della difformità stridente tra letto e ascoltato: un po’ come può accaderci, quando, senza tanti intenti artistici, alziamo il tono per evitare che gli altri si accorgano che la voce si stava incrinando.

            Ovviamente la musica va ascoltata e l’opera va vista; i cenni, i riferimenti, le trascrizioni in parole approssimative della notazione musicale (come ne siamo stati capaci e ci è riuscito),… tutto il resto, insomma, voleva provare ad illustrare, – alla meno peggio per parte nostra, e addirittura appoggiandoci a un grande capolavoro -, come l’arte non può prescindere dalla memoria (“Non mi rammenta più!”), – rielaborata nel sogno dell’aspettativa -, e ha inoltre bisogno del sogno che si arrischia a garantire sicure certezze, dove, forse, c’è soltanto un timido barlume d’una vaga speranza. Siccome, l’abbiam detto ora, l’opera va vista, non è la stessa cosa ascoltare una magistrale esecuzione concertistica del coro, e sentirlo vedendo calare la sera su una giovane donna, col suo bambino accanto, che potrebbe sembrare più una trepida innamorata che una mamma premurosa, mentre è ancor più mamma tenace e donna coraggiosa.
(continua)

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