Piscina probatica – Modello al Museo d’Israele

A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina…. con cinque portici,…
            Il capitolo V del Vangelo secondo Giovanni inizia con la narrazione di un miracolo operato da Gesù a Gerusalemme, presso la piscina vicina alla porta delle Pecore (Šá‘ar haṣṣó’n), chiamata in ebraico…. come? In realtà non è questa domanda la questione più importante o di maggior rilievo in questo brano.
            Anche se non così esplicitamente chiamato dall’Evangelista, si tratta tuttavia del terzo segno compiuto da Gesù, dopo i due avvenuti a Cana di Galilea(1), e prima dalla moltiplicazione dei pani(2). Il lungo discorso, che segue alla contestazione dei Giudei, si incentra sull’opera del Figlio, che prosegue e si identifica con l’opera stessa e sempre in atto di Dio, Giudice sovrano. Il giudaismo distingueva ordinariamente l’opera creatrice dall’esercizio del giudizio: la creazione veniva considerata come un fatto in sé compiuto, di cui il riposo sabbatico era l’immagine e la celebrazione(3); l’attività giudicante era pensata come sempre presente nella storia, dunque anche di sabato. Qui si inserisce l’annuncio e l’autodichiarazione che pure il Figlio ha il potere di giudicare sempre e, quindi, di intervenire in favore della vita, restituendo la salute, per l’appunto di sabato, ad un uomo infermo da lunga data, dove l’immobilità della paralisi è già, per contrapposizione, una proiezione di morte.
            Limitandoci, per precisa scelta, ad alcuni aspetti non proprio irrilevanti, anche se meno teologicamente determinanti, bisognerà considerare, in ordine successivo, tre elementi.
            Cominciamo con riportare il testo giovanneo(4).

            Gv 5    2A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore (5), vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, 3sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [4Un angelo (del Signore) infatti in certi momenti discendeva (si lavava) nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.5Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 6Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». 8Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». 9E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

            La piscina in questione è nominata nelle testimonianze documentarie in tre modi diversi e sempre in greco, per cui si deve non solo scegliere, ma anche cercare di capire cosa, caso per caso, corrisponde (o corrisponderebbe) in ebraico o, piuttosto, in aramaico. Va aggiunto inoltre quanto riportato sul rotolo di rame di Qumram, in cui si legge di una piscina di Bêth-’eshdâtháyin.
            Questo primo elemento qui preso in considerazione manifesta intanto come la compilazione di un testo critico obbliga a fare delle scelte, le quali, a loro volta, condizioneranno le successive traduzioni, sia quando venga accettata la lezione proposta, come anche quando, al contrario, le venga preferita una diversa variante.
            La lezione più attestata nel nostro caso è “Bēthsaïdá” (Βηθσαϊδά); le corrisponde l’ebraico Bêth-ṣâyedhấ(h) o, secondo la pronuncia recenziore, Bêth-tsâyedhấ(h). Si interpreta come “casa (luogo) della pesca” ed è il nome di una cittadina a nord del lago di Tiberiade: i testi critici però la escludono, considerandola un’armonizzazione con altri passi evangelici, in cui la località viene nominata, tra l’altro, come patria degli apostoli Pietro, Andrea e Filippo.
            Restano le lezioni “Bēthesdá” (Βηθεσδά, di solito fatta derivare dall’ebraico Bêth-chasdấ’, “casa di misericordia”, considerato però come un successivo adattamento) e l’aramaico “Bēthzathá” (Βηθζαθά, che verrebbe a dire “casa delle pecore”, ma che, se proveniente da Bêth-zayethấ’, significa piuttosto “casa dell’olivo”(6)). La prima è quella preferita dal Merk(7) e da NVB(8) e può essere in certo modo suffragata dal citato reperto di Qumram, intendendo Bêth-’eshdâtháyin come il duale di Bêth-’eshdấ(h), “casa della cascata d’acqua”: andrà in proposito ricordato che in greco non si dànno vocali aspirate nel corpo della parola, come il “cha” ebraico in Bêth-chasdấ’, e non esiste il suono “sh”, come appunto in Bêth-’eshdấ(h), che viene sempre reso con “s”; inoltre è plausibile la tendenza popolare a trasferire causalmente nella denominazione, per una certa consonanza, l’effetto taumaturgico talvolta verificatosi sul luogo, cosicché “misericordia” sostituirebbe l’originario “cascata”.
            Bēthzathá, infine, è la lezione preferita da Nestle-Aland(9), NV(10) e CEI, supponendo, come anche fa lo Zerwick(11), che l’espressione giovannea “una piscina, chiamata in ebraico….” possa ugualmente intendersi anche come “una piscina, chiamata in aramaico…”. (continua)

Note
(1) Alle nozze di Cana (Gv 2,1-11): “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni…”.
Guarigione del figlio di un funzionario del re (Gv 4,46-54): “Questo fu il secondo segno,..”.
(2) La moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-13). “… voi mi cercate non perché avete visto dei segni,..” (cfr. Gv 6,26).
(3)         “8Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. 9Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 10ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. 11Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato”. (Es 20)
            “12Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato. 13Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 14ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di teperché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. 15Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato”. (Dt 5)
(In corsivo il testo identicamente presente in Es e in Dt. Il sabato va ricordato perché il Signore “si è riposato il settimo giorno”; va osservato perché “il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là [dall’Egitto] con mano potente e braccio teso”.)
(4) La Sacra Bibbia della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) 2008.
(5) Per la porta delle Pecore (Šá‘ar haṣó’n, porta Gregis) vedasi Neemia (Ne 3,1.32;12,39). Il testo greco (ἐπὶ τῇ προβατικῇ,) ha dato luogo alla denominazione “piscina probatica”. Ad est di Siena esiste una “Porta Ovile”, risalente al 1230; di essa, nel 1250, si parla nei libri della Biccherna (a Costantinopoli Βλαχερναί era il palazzo del tesoro), chiamandola anche “Porta del Gregge”.
(6) La Sacra Bibbia, annotata da G. Ricciotti, pag. 1511 in nota. Si segnala anche la congettura che si tratti della “casa (luogo) del fosso”: tanto per dire!
(7) Novum Testamentum graece et latine, edidit A. Merk.
(8) Nuovissima Versione della Bibbia (NVB), Edizioni San Paolo.
(9) Novum Testamentum graece, post Eb. et Er. Nestle ediderunt B. et K. Aland & Alii.
(10) Nova Vulgata Bibliorum Sacrorum Editio (NV).
(11) M. Zerwick, Analysis philologica Novi Testamenti graeci, pag. 219: “ἑβραϊστί ebraice, aramaice”. Non viene riportata nessuna delle tre possibili lezioni.

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