IDOLATRIA .3 : L’ORIGINE BIBLICA DELL’IDOLATRIA

NICOLAS POUSSIN (il Raffaello francese), Adorazione del Vitello d’oro

“Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!”

            Nella Bibbia il vitello d’oro è la prima concreta espressione di idolatria con cui il popolo  tradisce la fiducia che avrebbe dovuto riporre in YHWH, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che aveva operato segni e prodigi in Egitto per liberarli dalla schiavitù.
            Un simulacro pagano, quel vitello per l’appunto, diventa la spiegazione teologica di tutti i disastri che succedono e si abbattono su quel popolo “dalla dura cervice”; fatti che vengono letti come una severa, ma meritata e inevitabile punizione del cielo.

            Avvezzi, come siamo, ad avere a che fare con una dominante lettura ‘laica’ della storia, potrebbe accaderci di confinare tale opinione nella sfera non galileianamente scientifica della fede, e, quindi, di considerarla una narrazione priva di un vero nesso causale nella catena degli eventi. Però, è la storia di natura sua che non permette le si applichi la regola del “provando e riprovando”, metodo e motto dell’Accademia dei Lincei, proprio per l’indiscutibile motivo per cui ogni fatto è quello che è, accaduto come tale dove e quando si è verificato, quella sola volta. Tuttavia, a posteriori, di ogni evento se ne possono investigare le cause; si può anche ragionevolmente prevedere che, a sufficiente parità di premesse, potrebbero (ma non necessariamente “dovrebbero”) ripresentarsi conseguenze simili a quelle già note: perché si dànno pure scienze a carattere non sperimentale.

            Noi siamo del parere che la dimensione del credere sia una caratteristica dello spirito umano e sia una fonte di conoscenza certa, – quando e solo quando siano garantite e l’originaria conoscenza de visu e la veridicità del teste -, che accompagna e integra la conoscenza esperienziale, costituendo una diversa, ma autentica branca del vasto campo della scienza.
            Un problema, che è un po’ sempre stato presente nella sostanza, anche se con diverso linguaggio, è costituito dal chiedersi se la storia intesa come fenomeno umano di ogni tempo, nella sua tensione tra una protologia sottratta ed un’escatologia futura, costituisca un flusso, in cui episodicamente si inserisce l’esistenza individuale, senza che un possibile senso dello scorrere del tempo sia né rilevabile né rilevato da chi vi si trova immerso, o se piuttosto questo senso, ammesso come esistente, possa essere comunicato dal necessario metastorico, postulato, al contingente storico fattuale: insomma, se possa esserci un Rivelante e una libera e deliberata rivelazione.

            Accedendo ad una lettura finalistica della storia e annettendo portata profetica all’interpretazione di quegli eventi che presentano successione e concatenamento provvidenziale, certamente le drammatiche conseguenze dell’apostasia si inscrivono nell’ampio progetto di riscatto, teso all’affermazione e diffusione del vero e del giusto.

            Cominciamo, allora, e ancora una volta con la lettura di una lunga pagina del libro dell’Esodo, precisamente con il brano iniziale del capitolo 32: son cose che, chi le conosce, può fare forse a meno di rileggere e passare direttamente alle considerazioni delle puntate successive, sempre che possano rivestire un qualche interesse. Tuttavia, avere sotto gli occhi quella pagina, senza doversi sforzare di ricordare, può aiutare a non sorvolare sulla poca scorrevolezza di tutto quel capitolo, – che può addirittura sconcertare -, e sulle conseguenti diverse ipotesi interpretative.

            «1Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. 2Aronne rispose loro: “Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie e portateli a me”. 3Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. 4Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!”. 5Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: “Domani sarà festa in onore del Signore”. 6Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.

            7Allora il Signore disse a Mosè: “Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. 8Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”. 9Il Signore disse inoltre a Mosè: “Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. 10Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione”.
            11Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: “Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? 12Perché dovranno dire gli Egiziani: Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. 13Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”.
            14Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo». (continua)

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